di
Anna Maria Bruni
“Meglio avere dei sogni, che un lungo sonno inerte”. Così Domenico Moccia, segretario dei bancari e portavoce della mozione “la Cgil che vogliamo”, conclude l’intervento con cui ha aperto l’assemblea di presentazione della mozione, tenutasi ieri al Teatro Valle di Roma. E’ la risposta a chi accusa il documento di essere un ‘libro dei sogni’, che in realtà rivela chi si è arreso all’esistente proprio nel momento in cui il paese è attraversato da una crisi epocale, alla quale i poteri forti stanno rispondendo in modo autoritario, consegnando il paese e una grossa fetta dell’apparato produttivo pubblico e privato, dei servizi e dei beni comuni alla gestione criminale, alla quale il governo regala l’impunità, marginalizzando i protagonisti della ricchezza del paese, i lavoratori, con l’ausilio dei sindacati concertativi.
Il teatro è stracolmo, sono tantissimi i delegati e i dirigenti sindacali di ogni parte d’Italia. Si respira l’euforia dei blocchi di partenza mista alla preoccupazione per un grande impegno che questa Cgil si sta assumendo. Una Cgil fatta di dirigenti che stanno dicendo basta alla burocratizzazione, all’ingessatura degli organismi dirigenti fatta di accordi interni autoreferenziali che bloccano la partecipazione e il ricambio, e una Cgil fatta di delegati e lavoratori che vogliono poter prendere la parola e sentire che è decisiva, che vogliono una comunità dove riconoscersi, dirigenti a fianco nelle lotte, un progetto di società che sappia immaginare il futuro.
Questo il senso degli interventi che si sono succeduti rapidi scandendo la mattinata, in un continuo passaggio di testimone fra i dirigenti firmatari della mozione e i delegati. “Rivogliamo il progetto a cui abbiamo contribuito noi anziani”, dice Tommaso Esposito dello Spi di Roma rifacendo la storia di anni gloriosi, “un progetto che si è perso, nel quale bisogna ridare la parola a chi è legittimo proprietario, esprimersi liberamente, sperimentare”. E per Giorgio Cremaschi, segretario nazionale Fiom, quell’esprimersi liberamente è una chiave, perché “il danno è non dire fino in fondo quello che si pensa”, un punto cruciale che può segnare la svolta di questo percorso congressuale, e il marchio del nuovo sindacato che potrà affermarsi con questo congresso. “Una Cgil”, dice Cremaschi, che traduce “in conseguenze e pratiche i No pronunciati in questi mesi, se i No sono la linea sindacale”, “una Cgil che sta in mezzo ai lavoratori quando si aprono le vertenze”, ed è di loro, e a loro che risponde, come quando “Di Vittorio – racconta – dopo l’accordo alle Ferriere di Giovinazzo, tornò dai lavoratori, che si opposero a quell’accordo. Di Vittorio telefonò al Ministero e disse: ‘i lavoratori hanno detto No: la Cgil ritira la firma”. “Questa – conclude - è la Cgil che vogliamo”.
“Una Cgil – dice Bruno Papignani, segretario Fiom di Bologna – che prenda atto che l’unità sindacale in questo momento non c’è”, perché Cisl e Uil con le loro firme stanno sottoscrivendo lo sfascio, e che cercare l’unità ora sarebbe solo “l’unità della burocrazia”, mentre noi vogliamo “l’unità nella democrazia”. “Una democrazia che si realizza – dice Carlo Podda, numero uno Funzione Pubblica – perché i rappresentati contano più dei rappresentanti”. Bisogna “liberare il congresso” con la partecipazione, e la capacità di “ricominciare a immaginare il futuro, - conclude –costruendolo. Dipende da noi”. Un punto su cui si sofferma Fabio, delegato Telecom. La “Cgil – dice – deve anche avere una funzione pedagogica, perché ciascuno impari a pensare con la propria testa”. “I lavoratori vivono il disagio ma spesso non conoscono le cause di questa crisi. E’ importante dare coscienza di ciò che sta accadendo. Questo percorso congressuale deve essere anche l’occasione della presa di coscienza dei lavoratori”. Perciò organizzare rapidamente i territori informare, e discutere. E’ la richiesta di Alessandro Purificato, Fp Lazio, è l’invito caloroso di Nicoletta Rocchi, segretaria Confederale, “forti e convinti delle nostre ragioni. Il nostro documento – dice Rocchi - è un atto d'amore verso la Cgil e non un gesto di separazione”. ‘la Cgil che vogliamo’ vuole riportare all'ordine del giorno una discussione che la Cgil deve affrontare per rimanere la grande organizzazione che è stata fino ad oggi”. E’ l’avvertimento, potremmo dire, con cui conclude l’intervento Gianni Rinaldini: “niente accordi – dice il leader Fiom – assemblee fino in fondo”. Assemblee da cui deve uscire la risposta della Cgil alla ‘filosofia’ che c’è dietro la riforma degli assetti contrattuali firmati da Cisl Uil e Ugl. Che è “la riposta alla domanda centrale che questa fase ci pone: come immaginiamo il sindacato del futuro?”. “Il mondo del lavoro è cambiato, quindi non serve un congresso autocelebrativo”. E’ la conclusione di Rinaldini, segretario di un sindacato di categoria che ha già dimostrato con la pratica la coerenza delle proprie posizioni, dopo il no al contratto separato e nelle vertenze aperte. Lo dirà Alessandra Carnicella, Rsu ex-Eutelia, raccontando la lotta in cui sono impegnati da mesi e questi ultimi giorni, l’occupazione, lo sciopero nazionale, un incontro insoddisfacente con il sottosegretario Letta, il corteo e la decisione del sit-in sotto Palazzo Chigi, seguendo l’istinto “mentre ti domandi se è quella la cosa giusta da fare” e poi ti trovi “il segretario generale seduto per terra vicino a me”. “Questa – chiude la delegata - è la Cgil che vogliamo”.
Le conclusioni sono di nuovo affidate a Domenico Moccia mentre ancora sono tutti in sala, contrariamente al solito in queste occasioni, e fra gli altri anche alcuni esponenti politici, da Claudio Bellotti del Prc, appena fuoriuscito dalla segreteria, ad Alfonso Gianni, Gennaro Migliore e Roberto Mustacchio, Sinistra e Libertà al Pcdl di Marco Ferrando, tutti ex Prc.
Moccia, riassumendo i punti caldi della mozione, torna a dire che “la voce dei lavoratori deve invadere Corso Italia (la sede nazionale della Cgil a Roma, ndr)” e si lancia nella citazione ‘colta’ da rocker consumato, che in un uomo di mezza età sono di ottimo auspicio: “born to run” (nati per correre, ndr) di Bruce Springsteen. E con questa giornata spara il colpo d’inizio: “lunedì saremo in Cgil a chiedere l’immediata convocazione dello sciopero generale”.
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