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PERUGIA - Solo rispettando l'ambiente la zootecnia potrà continuare ad essere un settore importante per l'Umbria “Servono norme e protocolli attuativi che obbligano tutti, compreso il comparto zootecnico e gli allevamenti suinicoli, alla tutela delle risorse idriche da ogni forma di inquinamento” – è il commento di Lauro Ciurnelli che si è occupato a lungo per Legambiente Umbria delle vicende della suinicultura, a quanto dichiarato dalle associazioni degli agricoltori, Confagricoltura, Cia e Coldiretti in merito al Piano Regionale di Tutela delle Acque approvato dalla Commissione regionale. “Non si può far finta di non sapere che proprio la zootecnia è una delle cause principali di inquinamento da nitrati delle acque e dimenticare l'indagine dei Noe dello scorso luglio con sessanta aziende coinvolte che secondo gli inquirenti scaricavano reflui inquinanti degli allevamenti dei suini, con dieci arresti e 96 denunce per associazione per delinquere finalizzata al traffico illecito di rifiuti, avvelenamento delle acque e disastro ambientale”. “Il caso di Bettona è emblematico di come la suinicultura delle soccide non sia sostenibile: 100 mila capi suini su 44 km quadrati; una produzione di 1200 metri cubi di reflui al giorno; aree su cui viene effettuata la fertirrigazione di appena 100 ettari quando invece le superfici necessarie ne dovrebbero prevedere almeno 1200; le lagune di stoccaggio a pochi metri dai fiumi dove quotidianamente sono stati riversati quantità insostenibili di liquami e materiali inquinanti. E poi la modalità con cui è stato gestito il depuratore, destinato al trattamento dei reflui suinicoli, che secondo le accuse smaltiva i residui finali, liquidi e solidi, illecitamente spargendoli su terreni agricoli”. “La suinicultura umbra non si salva derogando dalle norme di salvaguardia ambientale ma riqualificando tutto il settore – ribadisce Alessandra Paciotto presidente di Legambiente Umbria - L’unica suinicultura capace di futuro è quella che saprà puntare innanzi tutto sulla drastica riduzione del numero dei capi, sulla graduale sostituzione dell’allevamento in stalla con quello a terra maggiormente rispettoso del benessere animale e della salute di noi consumatori; che saprà puntare sulla sostenibilità ambientale e la corretta gestione dei reflui zootecnici abbinati ad un corretto recupero energetico come prevedono le leggi europee”. “La parola chiave è filiera corta – dichiara la presidente di Legambiente Umbria - Ma una filiera corta reale e non fasulla come quella di oggi: il che significa che una gustosa fetta di prosciutto IGP di Norcia deve essere prodotta a partire da un animale di razza locale, nato e allevato in Umbria, possibilmente secondo le regole degli allevamenti biologici e nel rispetto del benessere animale (finché sono vivi), che venga macellato, lavorato e stagionato localmente. Solo così la zootecnia potrà continuare ad essere un attività importante per l'economia regionale”. “Quanto ai principi di economicità e convenienza gestionale – conclude la Paciotto - non v’è chi non veda come queste debbano essere sempre più subordinate alla tutela e alla salvaguardia di quei beni comuni, come l’acqua e le altre risorse naturali che stanno diventando sempre più limitate” Condividi