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Checchino Antonini (Liberazione) Preoccupato ma sicuro di aver fatto il suo dovere di lavoratore e di delegato alla sicurezza. Dante De Angelis aveva ragione. Lo dice anche il tribunale di Roma che ieri ha annullato il suo licenziamento e ne ha disposto il reintegro in Trenitalia. Fuori dal tribunale una piccola folla di suoi compagni, di sindacalisti, di cittadini. Anche viareggini vittime e familiari di vittime della strage del 29 giugno quando via Ponchielli è stata squassata dall'espolosione di due vagoni merci carichi di gas sui binari della stazione. Dante aveva manifestato più di una volta assieme a loro. E ieri un urlo di gioia ha accolto la buona notizia sotto il sole di Piazzale Clodio. Dante De angelis aveva messo in guardia sulle condizioni dei convogli di Trenitalia rivelandone alle telecamere di Report, nel 2003, le fatiscenti condizioni di sicurezza. Qualche anno dopo aveva preso parte alla vertenza dei macchinisti contro il pedale dell'"uomo morto": il macchinista è obbligato a viaggiare tenendo premuto costantemente il pedale di trazione/frenatura rilasciandolo a intervalli di 55 secondi. Un sistema obsoleto e vessatorio che le Fs avevano ripescato nel 2002 dal bagaglio ferroviario degli anni 30. Anche allora Dante fu cacciato e poi riassunto. Infine, nel luglio dell'anno scorso, in cui due Eurostar si spezzarono in due nel giro di otto giorni, Dante fu accusato di «procurato allarme» e di «aver leso gravemente l'immagine dell'azienda» . Un atto che Giorgio Cremaschi della Fiom bollò di «fascismo aziendale». Una reazione feroce, quella di Trenitalia, e disinvolta, secondo le accuse dell'Orsa, rispetto alle regole. De Angelis fu licenziato a ferragosto, un mese dopo le sue dichiarazioni sulla scarsa sicurezza degli Etr 500. Ezio Gallori, leader storico dei macchinisti dell'Orsa, è euforico: «E' una vittoria dei lavoratori, della sicurezza, dei cittadini. Moretti aveva torto, Dante ragione. E' stata scritta una bella pagina». Un licenziamento che suonava come un'intimidazione per tutti i lavoratori ma Trenitalia ha sbagliato i conti. «Ancora una volta si conferma la validità dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori». Lo ricorda Cremaschi: «L'attività dei delegati alla sicurezza è tutelata dallo Statuto». «In Italia manca una banca dati pubblica per far conoscere il contesto e il dettaglio di ogni singolo infortunio - aveva avvertito De Angelis - e il lavoro di un delegato alla sicurezza è ostacolato dalle aziende: licenziare un lavoratore che informa gli altri lavoratori non costa nulla, specialmente in un'azienda grande come Trenitalia. Nel mio caso, se tra uno o tre anni la contestazione dell'Azienda si rivelasse priva di fondamento, io sarei riammesso, ma per coloro che hanno preso la decisione non ci sarebbero conseguenze. In definitiva il rapporto tra azienda e lavoratore è impari, nonostante il diritto al reintegro sancito dall'articolo 18». «Le ferrovie vengono condannate per il loro atteggiamento antisindacale e il rapporto annuale sulla sicurezza conferma le condizioni di grave insicurezza», ricorda Roberta Fantozzi della segreteria nazionale di Rifondazione ringraziando Dante per la sua tenacia. I messaggi di solidarietà verso il ferroviere reintegrato piovono da ogni parte d'Italia e da molte voci della sinistra. Dal Lazio, il lavoratore autoferrotranviere, Ivano Peduzzi, capogruppo Prc alla Pisana, si rallegra per la restituzione del diritto di parola a tutti i lavoratori: «Adesso ci auguriamo che i sindacati concertativi tornino sulla strada maestra del rapporto diretto con i lavoratori per sostenerli soprattutto di frone a simili attacchi ai diritti». «Chi invece non ha fatto il suo mestiere e siede tuttora al suo posto è Mauro Moretti, amministratore delegato di Trenitalia. E' doveroso che i responsabili di questo atto illegittimo si dimettano», avverte Luciano Muhlbauer, consigliere regionale lombardo di Rifondazione. La battaglia di Dante De Angelis è stata supportata da migliaia di persone che hanno firmato l'appello e partecipato alla campagna per il suo reintegro. E la battaglia di De Angelis è soprattutto quella per impedire che le indagini sugli incidenti sul lavoro si scarichino sull'ultimo anello della catena di produzione, sui lavoratori. «E anche quando si accertano delle responsabilità le ragioni vere dell'ncidente restano sepolte in qualche polveroso fascicolo nelle Asl o nelle procure che nessuno si preoccupa di analizzare», ha ripetuto spesso in questi mesi il ferroviere. L'estate scorsa De Angelis ebbe a dire che, a volerlo cercare, un lato positivo nella vicenda è quello di aver contribuito a portare alla luce la crudeltà delle Ferrovie nei confronti di otto colleghi di Genova licenziati per essersi fatto timbrare il cartellino da un collega. In realtà, quei lavoratori accettarono alla fine del loro regolare turno di lavoro di fare uno straordinario per riparare un treno. Il tempo programmato per quella manutenzione era di due ore, ma gli otto lo hanno finito con un quarto d'ora in anticipo. Una colpa degna di essere punita con il licenziamento. Condividi