PERUGIA - L'omicidio di Barbara Cicioni, uccisa in casa sua a Marsciano quando era incinta di otto mesi, avvenne all'esito ''dell'ennesimo banale litigio, determinato dal comportamento violento di Roberto Spaccino'', il marito condannato all'ergastolo per il delitto, e ''causato plausibilmente da contrasti di lavoro tra i coniugi o da comportamenti disinvolti dell'imputato''. E' quanto sostiene la
Corte d'assise di Perugia nelle motivazioni della sentenza.
Il delitto venne compiuto nella notte tra il 24 e il 25 maggio del 2007. Pochi giorni dopo i carabinieri arrestarono Spaccino, tutt'ora detenuto, che si e' comunque sempre proclamato innocente. Il 16 maggio scorso pero' la Corte d'assise di Perugia ha condannato l'uomo all'ergastolo accogliendo la ricostruzione del pm Antonella Duchini.
I giudici hanno sostenuto che il delitto e' maturato nel contesto di una vita matrimoniale ''assai difficile e travagliata''. Nelle motivazioni si fa quindi riferimento agli episodi di violenza fisica ''ma anche e soprattutto'' psicologica nonche' alle ''ingiurie, minacce, umiliazioni, atti di disprezzo e di offesa alla dignita' della moglie'' subiti dalla Cicioni, uccisa all'eta' di 33 anni.
La Corte ha quindi sostenuto che la donna venne uccisa, soffocata, stesa sul letto in camera sua e quindi il corpo fini' a terra ''o nel corso della colluttazione o subito dopo, spinta dal marito''. Spaccino, 39 anni, ha ammesso di avere avuto una discussione con la moglie quella sera negando pero' di averla uccisa. Ha spiegato infatti di averla trovata morta al ritorno in casa dopo essersi recato a compiere alcune operazioni nella lavanderia che gestiva. L'uomo ha ipotizzato che a compiere il delitto furono dei ladri entrati nella villetta in sua assenza.
Una ricostruzione pero' ''assolutamente inverosimile e priva di ogni logica'' secondo la Corte che ha anche parlato anche di ''assoluta inverosimiglianza di ogni ipotesi alternativa a quella proposta dall'accusa''. I giudici hanno anche evidenziato ''la correttezza delle indagini svolte che, al contrario di quanto sostenuto dalla difesa, non si sono limitate a 'incastrare' Spaccino ma abbiano indirizzato la loro attenzione
anche verso 'piste diverse' senza giungere ad alcun risultato concreto trattandosi di mere ipotesi di scuola idonee a ingenerare solo 'irragionevoli dubbi' in ordine alla colpevolezza dell'imputato''.
Contro la sentenza hanno annunciato appello i difensori di Spaccino, gli avvocati Michele Titoli e Luca Gentili. Riguardo all'arringa di quest'ultimo la Corte ha disposto la trasmissione degli atti alla procura di Firenze, come chiesto dal pm, per valutare il reato di oltraggio al magistrato in udienza.
L'Unione delle camere panali, interessata della vicenda, ha quindi espresso ''solidarieta''' all'avvocato Gentili manifestando ''preoccupazione'' per quanto successo e protestando ''per la valenza intimidatoria di alcune espressioni utilizzate dal pubblico ministero''.
Martedì
27/10/09
07:03