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(Da Liberazione) Dino Greco Nell'editoriale di sabato scorso abbiamo sostenuto che difficilmente Berlusconi si sarebbe arreso di fronte alla necessità di affrontare processi che lo vedranno imputato come corruttore in atti giudiziari e grande evasore fiscale. Certamente egli aveva ormai pensato di essersi tolto questa spina dal fianco. Il responso della Corte gli ha riproposto il rovello. Al riguardo si è scatenata una canea su presunti patti non rispettati con il Presidente della Repubblica. Cosa alquanto improbabile, smentita da più parti, a partire dal Colle. Resta il fatto, il solo che conta, che - hic stantibus rebus - Berlusconi dovrà fronteggiare in tribunale le accuse più infamanti. Ed è francamente difficile che possa pensare di farla franca. Vorrà dunque provarle tutte, e tutte le sta provando, per evitare di finire sotto processo. Una nuova versione dell'immunità parlamentare per mettere fuori gioco le procure? Una riforma del processo penale che consenta di allungare i tempi dei dibattimenti così da potersi avvalere della prescrizione? Una riforma (ormai le chiamano tutte così) che metta fine alle intercettazioni, se non per i reati più gravi, così da impedire - preventivamente - che altre disavventure giudiziarie possano aggiungersi al fardello che grava su di lui? Questo è più che certo, e infatti tutti gli uomini del presidente sono già al lavoro per approntare, in tempi celeri, la strategia più efficace. Ma c'è un'altra via d'uscita, che il caudillo di Arcore sente sempre più come la sola davvero risolutiva: la trasformazione della Repubblica parlamentare in repubblica presidenziale, la fine della scomoda "coabitazione" (così l'ha chiamata) con il Presidente della Repubblica e con gli altri organi di garanzia costituzionale, la concomitante riforma (eccone un'altra!) dell'ordine giudiziario che preveda la separazione delle carriere dei giudici, così da realizzare il sogno di un solo, incontrastato potere sovrano, privo di contrappesi istituzionali, capace di soggiogare ciò che resta di un Parlamento ridotto a simulacro, irretire una giustizia nei fatti sottoposta all'esecutivo, ridurre al silenzio ciò che resta di una tramortita, libera informazione. E' un disegno molto ambizioso e non è detto che la palla gli vada in buca. E' realistico pensare che anche lui l'abbia messo nel conto e che si riservi, extrema ratio , la possibilità di ricorrere alle elezioni anticipate. Se egli puntasse risolutamente su questa carta è difficile immaginare che i "suoi" lo abbandonerebbero al suo destino. Fra gli innumerevoli difetti di Berlusconi non c’è quello di non avvertire che gli è data la possibilità di mettere a profitto l’arretratezza culturale di questo Paese, la mutazione profonda degli orientamenti politici di larghe masse popolari che potrebbero rendersi disponibili ad una svolta autoritaria. E’ forse questo il solo vero e proprio talento di NrB. Quando il ministro Brunetta parla della necessità di liberarsi dell’ “elite parassitaria fatta di cattivi politici, cattivi sindacalisti, cattivi magistrati, cattivi finanzieri, cattivi giornali” indicandoli come i responsabili di una sordida macchinazione, sembra di ascoltare il Mussolini del complotto demo, pluto, giudaico, massonico. Bisogna prendere coscienza che questa gente è pronta a tutto. Eugenio Scalfari scriveva su La Repubblica di domenica che “in altri Paesi, un decimo se non addirittura un centesimo di ciò che Berlusconi dice e fa avrebbe provocato la sua messa fuori gioco. In altri Paesi il suo mostruoso conflitto di interessi gli avrebbe impedito l’ingresso nell’agone politico. Ma in Italia questo è possibile”. La risposta tuttavia non può essere ricercata – come fa Scalfari – in una sorta di vocazione, di vizio congenito degli italiani a farsi trascinare, di tanto in tanto, dal demagogo e dittatore di turno. Occorre scavare più vicino, nelle responsabilità delle cosiddette forze democratiche, negli errori, nelle compromissioni, nelle reticenze di quella ex sinistra oggi approdata ad uno sbiadito liberalismo, che ha reciso i suoi legami sociali e che, mentre la democrazia del Paese è esposta alla capitolazione, non sa opporre altro che qualche flebile lamento. Condividi