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Bersani, Franceschini e Marino, come prevedeva il ''copione'' della Convenzione nazionale del PD, hanno illustrato le rispettive mozioni congressuali, in sostanza i loro programmi per la segreteria a cui si candidano per le primarie del 25 ottobre. Al di là delle differenze di carattere e di indole personali che sono alla base delle impostazioni degli interventi con maggiore o minore enfasi a questo o a quell'altro aspetto, il primo dato che è emerso con chiarezza è l'alto grado di convergenza dei tre candidati, in particolare tra Bersani e Franceschini, che al di là dei formalismi sono i due veri contendenti verso i quali si focalizza l'attenzione non solo mediatica, ma anche politica, dentro e fuori del partito. Comune è anzitutto un giudizio preoccupato - molto preoccupato - su una degenerazione della qualità della vita democratica del Paese a causa principalmente di un populismo (l'allusione a Berlusconi è stata in tutti e tre esplicita) che tende a sostituire le regole costituzionali e il sistema parlamentare con un rapporto diretto capo-popolo. Comune la denuncia del pesante condizionamento politico, economico e sociale (nelle conseguenze) del conflitto di interessi. Comune il giudizio sulla insufficienza delle misure messe in campo dal governo per fronteggiare la crisi e il timore di una crescente disoccupazione e l'allargamento della fascia di povertà. Comune la valutazione dei rischi sociali per scelte che sempre più a opinione dei tre candidati sono dettati da egoismo e paura, come il rifiuto e il respingimento degli immigrati, le ronde e le sensazioni di spaccare l'unità del Paese. La vera differenza è emersa sulla forma partito e sul quadro politico-istituzionale di riferimento, come quindi li si immagina in un futuro prossimo. Qui la differenza tra Bersani e Franceschini è emersa chiara. Se tutti e due hanno parlato della necessità di radicare il partito nel territorio, Bersani in un certo senso si è però fermato qui. Al più ha parlato della necessità di allargare consenso politico e sociale specialmente tra i giovani. Franceschini invece ha esplicitamente parlato di un ''partito aperto'' da allargare sempre di più perché al di là della pur necessaria territorialità è necessario tener presente che la politica oggi si fa anche in modi diversi da quelli tradizionali, specialmente tra i giovani. Un partito, che per Franceschini si deve allargare tenendo presente le diverse culture, da quella socialista a quella ambientalista. Su questo punto Franceschini è stato molto esplicito quando rivolgendosi direttamente a Massimo D'Alema che in un'intervista aveva messo in dubbio che gli iscritti capirebbero un risultato delle primarie diverso dalle elezioni nei circoli, ha commentato dicendo: ''I primi a rispettare il risultato saranno proprio gli iscritti che amano questo partito indipendentemente da chi sarà chiamato a guidarlo''. L'altra grande differenza è nel quadro politico-istituzionale che in Bersani ha come riferimento il modello tedesco, pur mantendendo un quadro bipolare. Franceschini difende invece un bipolarismo più accentuato anche se non esclude una politica delle alleanze che mette da parte quindi ogni idea di autosufficienza. Una politica di alleanze, ha spiegato, da costruire con un chiaro patto con gli elettori. Ma non coalizioni come nel passato messe insieme solo per vincere e poi molto litigiose quando di è trattato di governare. A conclusione del suo intervento Franceschini ha preso un impegno chiaro e forte a non tornare indietro sulla strada delle primarie, una strada da lui descritta come indispensabile per l'allargamento auspicato del partito. Condividi