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Partito Democratico Todi Un’estate vuota e deludente, con la quale l’amministrazione Ruggiano preferisce non fare i conti, spostando il tiro su cosa si farà per l’estate 2010. Già lo scorso anno, a chiusura del primo festival diretto da Maurizio Costanzo, evitando le stringenti domande sull’impiego dei molti soldi a disposizione (compresi i 400 mila euro del Ministero), il centrodestra preferì parlare d’altro, promettendo per l’edizione 2009 cose che non si sono poi riscontrate nei fatti. Si annunciò un festival sul tema “Tra sogno e realtà” e ci siamo ritrovati, invece, un festival “di resistenza”, ben lontano dal sogno, inchiodato dalla realtà. Si fecero propositi sull’anticipazione del programma in primavera ed, invece, quest’anno il programma è giunto ancor più tardi che in passato. Si promise una delocalizzazione del festival a vantaggio del territorio e nulla di tutto ciò è accaduto. Si annunciarono spettacoli rimasti irrealizzati, mai rappresentati. Se Ruggiano ed i suoi fanno finta di nulla, noi crediamo, invece, sia giusto rimanere all’oggi ed affrontare le questioni aperte che l’estate appena trascorsa ci ha consegnato. Sarà bene premettere che quella appena trascorsa è la terza estate delle cinque previste per l’amministrazione Ruggiano: nessuno ne vuol parlare nel centrodestra tuderte, ma il tempo è passato ed il momento dei bilanci si avvicina. Qualcuno è ancora con la testa alla campagna elettorale del 2007, ma, per quel che riguarda le estati da programmare, sono più quelle passate, che quelle di fronte. La premessa serve a dire che, rispetto al passato, non si registrano apprezzabili miglioramenti. Anzi, sembrano evidenti alcuni segnali di indebolimento nella programmazione delle attività estive e poco tempo rimane a Ruggiano per invertire la rotta. L’icona di questa ultima estate tuderte è senza dubbio quel palco sulla piazza principale della città lasciato vuoto per venti giorni d’agosto. Un palco vuoto come non mai, che ha suscitato e suscita domande: perché l’amministrazione comunale ha scelto di annullare, quest’anno, manifestazioni che portavano in città eventi culturali ed artistici in grado di ravvivare la quotidianità estiva e di fare da supporto alle attività più strutturate, prima fra tutte il festival? Perché interrompere l’esperienza del Prima e dopo Festival, di Todi Notte, del Tuderock? Perché non trovare il modo per dare spazio alle tante compagnie teatrali presenti in città? Perché – insomma – puntare tutto su un festival tardivo ed incerto, lasciando passare l’estate in silenzio? Perché tanta attesa per un festival così? Un programma molto debole, senza un tema prevalente (necessario per un festival), con alcuni – pochi per la verità – sprazzi di teatro, ma fatto, per lo più, di spettacoli improvvisati, più simili a puntate televisive di un talk-show che a momenti intensi di teatro. Il tutto dentro ad alcuni errori strutturali: la scelta di fare il festival a settembre inoltrato, il programma definito a 15 giorni dall’inizio della manifestazione, la totale assenza di promozione, gli spettacoli all’aperto (si pensi alla serata inaugurale) senza soluzioni alternative in caso di maltempo, le cene ed i buffet inelegantemente sovrapposti e frapposti agli spettacoli, la serata conclusiva sottotono e timida, ennesimo collage con il sapore di “rimedio”. È inutile negarlo, non serve far finta di nulla: questo festival ha suscitato come non mai riflessioni che non possono essere più taciute: la formula del festival, così come concepita molti anni fa, è ancora attuale? È questo il primo festival “di resistenza” ospitato a Todi o forse lo erano già le edizioni precedenti in cui scarseggiavano i mezzi economici (tranne quella del 2008, con i 400 mila euro stanziati dal governo di centrosinistra)? Quale la funzione di un festival come questo? Serve a Todi un festival “di resistenza” (seppur condivisibile, visti i tagli del governo Berlusconi al fondo per lo spettacolo)? Si raggiungono, sia sul piano artistico-culturale che sul piano turistico-ricettivo, risultati apprezzabili? Quale riscontro sui media nazionali? Le risorse, ingenti, che Comune, Regione, Provincia e privati destinano ogni anno a Todi per questa manifestazione potrebbero essere spese più utilmente in altro modo? È meglio, per esempio, un periodo intenso di attività sul finir dell’estate, come è oggi il festival, o immaginare qualcosa che dissemini sui tre mesi estivi iniziative di richiamo capaci di portare a Todi molte presenze, come ha dimostrato la lodevole iniziativa del luglio scorso con il concerto dei Jethro Tull? Brutalmente: meglio 5 eventi forti e di richiamo distribuiti tra la fine di giugno ed agosto o una settimana di festival a settembre? E poi, ancora, guardando i numeri sulle presenze del festival, sempre ufficiosi, mai ufficiali (a proposito, attendiamo ancora risposte sull’edizione dello scorso anno!): quanti di questi migliaia di spettatori sono tuderti? Quanti pagano, quanti entrano gratuitamente, grazie anche ai tanti inviti e biglietti distribuiti dall’amministrazione comunale? E dei turisti, quanti giungono a Todi per il festival e non si trovano già qui per altro? Quante sono realmente le presenze in strutture ricettive da attribuire al festival? Lo scorso anno si registrarono, nel periodo del festival, molte presenze in meno rispetto all’anno precedente e nessuno rispose al Partito Democratico che chiedeva ragione dei numeri. Il festival appena concluso, insomma, ha convinto gli amministratori di Todi, molto meno la città e abbiamo la sensazione sia piaciuto molto più agli organizzatori che agli spettatori. Su questo e su molto altro si dovrebbe avviare nelle sedi opportune una seria discussione, prima di prendere decisioni per il futuro, coinvolgendo la città e gli operatori economici, che chiedono giustamente maggiore ascolto e collaborazione. Il centrodestra non può continuare ad evitare il confronto, come già fatto in passato. La discussione su questi temi non è più rinviabile e questo è il tempo migliore per farla, in attesa che arrivi la quarta delle cinque estati dell’era Ruggiano, quella del 2010. Condividi