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(Da Liberazione di oggi, 12 agosto 2009) Dino Greco Bisogna provare a capire. Ed è vitale che i lavoratori, a partire da quelli del Nord, siano aiutati a farlo. Ma a capire cosa? In primo luogo, quale turpe inganno si celi dietro la proposta di reintrodurre in Italia differenze retributive per area geografica: le "gabbie salariali", appunto. Il rutilante miraggio fatto balenare dalla Lega davanti agli occhi degli operai settentrionali è quello di un aumento secco della loro retribuzione. Come se, per magia, quell'euro non corrisposto ad un lavoratore dell'Italsider di Taranto potesse entrare, direttamente, nelle tasche di un siderurgico bresciano. Insomma, come se il modello proposto agisse alla stregua di un sistema idraulico, capace di trasferire, di pompare ricchezza da un luogo all'altro del Paese. Ora, si mettano tutti in testa che, per cominciare, questa ipotesi non ha nulla a che vedere con le intenzioni del Carroccio. La Lega non pensa affatto ad aumentare il valore reale delle retribuzioni attraverso una lievitazione del corrispettivo della prestazione lavorativa, vale a dire del salario e del costo a carico del padrone. La Lega immagina un'ipotesi del tutto diversa, che funziona nel modo seguente: dato il carico fiscale complessivo oggi esistente su capitale e lavoro, si tratterebbe di lasciare invariato il primo e di diminuire il secondo. A questo primo intervento ne seguirebbe un altro: la maggior parte delle entrate fiscali complessive verrebbe destinata alle casse regionali e solo la residua parte, a questo punto drasticamente abbattuta, resterebbe competenza dello Stato centrale. Da questa secca redistribuzione tributaria uscirebbero premiate le retribuzioni nette dei lavoratori e la capacità di spesa dell'ente Regione. Ora, è del tutto evidente che questa ipotesi nulla ha a che vedere con il federalismo fiscale. Più semplicemente, essa prefigura la dissoluzione dello Stato unitario, poiché ne dissanguerebbe le risorse, ne prevaricherebbe i poteri, ne incrinerebbe l'intelaiatura legislativa, prefigurando, addirittura, un diverso regime impositivo fra cittadini di diverse aree del Paese. Cosa, come ognuno dovrebbe ben capire, del tutto impossibile, a meno di dare per scontata la trasformazione delle Regioni, o delle macroaree interessate, in veri e propri Stati sovrani indipendenti. La proposta della Lega è dunque la plastica esemplificazione, questa volta materialisticamente e non più ideologicamente prospettata, della secessione, della "balcanizzazione" dell'Italia, manco a dirlo, della separazione delle aree ricche da quelle povere, lungo una moderna traiettoria... prerisorgimentale. Condividi