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PERUGIA - Sono l’omogeneità culturale, geografica e paesaggistica di un territorio, ma anche l’aver realizzato su questi temi studi, ricerche e attività di promozione almeno triennale, i criteri che la Giunta regionale dell’Umbria, su proposta dell’assessore all’Ambiente Lamberto Bottini, ha inserito nel disciplinare per il riconoscimento degli “Ecomusei”, previsti dalla legge regionale 34 del 2007. “Con l’adozione del disciplinare - dice Bottini - continuiamo in quel processo virtuoso che, a breve, dovrà portarci a costruire uno degli strumenti più innovativi per tutelare il nostro patrimonio storico-naturalistico-paesaggistico e per valorizzare ambienti di vita tradizionali. Un ecomuseo non è un museo, spesso non possiede mura - spiega l’assessore regionale -, può essere un territorio dai confini incerti e appartiene alla comunità che ci vive. In sostanza, l’ecomuseo è un patto con il quale la comunità si prende cura del proprio territorio. Crearli - conclude l’assessore Bottini - può essere l’occasione per misurarci con un nuovo modello di localismo, in risposta ad una globalizzazione ancora oggi inadeguata, e per tutelare attività tradizionali locali, in grado di accrescere produttività, occupazione, sviluppo economico e turistico”. In base al disciplinare, a presentare la domanda di riconoscimento, sulla base di un progetto di fattibilità condiviso, potranno essere enti locali singoli e associati, associazioni ed istituzioni di natura pubblica o privata che operano nell’ambito territoriale dell’ecomuseo. In Umbria, molte sono le esperienze degli Ecomusei, sorte in modo spontaneo, spesso casuale, alcune già prima della legge regionale. Tra queste l’“Ecomuseo Colli del Tezio”, nel triangolo Assisi-Gubbio-Perugia, in un’area collinare-rurale di circa 450 kmq, che comprende i colli del Tezio, monte Acuto, monte Malbe e monte Pacciano, da cui partiva l’acquedotto medievale che riforniva la “Fontana Maggiore” e Perugia. E poi, l’“Ecomuseo del Fiume Tevere e della Torre”, attivo tra Ponte Pattoli, Ponte San Giovanni e San Martino in Campo e con sede a Pretola; l’“Ecomuseo del paesaggio” dell’Alto Orvietano, in un’area prevalentemente collinare di 350 kmq; il “Museo diffuso” in Valnerina, proposto dal “Cedrav” (Centro per la documentazione e la ricerca antropologica in Valnerina e nella dorsale appenninica umbra) per far conoscere stazioni di posta, mulini, centri di medicina popolare e di chirurgia, antichi itinerari lungo le vie dell’acqua, del carbone, della cura, della devozione, del ferro, della tessitura, del ghiaccio e della transumanza. Condividi