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ROMA - A ventiquattro ore dal colloquio avuto con il Presidente della Repubblica Napolitano ma il colloquio "non è entrato nel merito della norma",assicura) il Guardasigilli Alfano si dischiasra disposto a modificare il decreto sulle intercettazioni ed assicura che non si è "Mai parlato di blindarlo con il voto di fiducia" e aggiunge a rinforzo: "Nessuno aveva suggerito un percorso a rotta di collo al Senato". Sarà, ma la coincidenza è sospetta e le perplessità espresse dal Presidente hanno evidentemente colpito nel segno. E' ortmai chiaro che Napolitano vuole evitare che la futura legge possa suscitare anche il minimo dubbio di costituzionalità e, dopo le "accese tensioni" dei giorni scorsi sollevate dal mondo della giustizia e dell'editoria, chiede nuovi approfondimenti. Come aveva già fatto mercoledì nell'incontro con il presidente del Sentato Renato Schifani, Giorgio Napolitano ha usato tutta la sua autorità per indurre il governo ad un maggiore ragionevolezza, perciò "Niente fiducia in Senato". Il governo ha dunque preso atto di ciò e la dichiarazione di Alfano sul fatto che "Il testo non è immodificabile" lo testimonia. , si affretta a dire il Guardasigilli. Dunque niente fiducia al Senato", come invece era capitato alla Camera, dove il governo sarà presente martedì per la discussione generale che concluderà l'esame della Commissione Giustizia e invierà il testo all'aula di Palazzo Madama per la trasformazione in legge. Quanto alle altre parti in causa, il Pd continuas a chiedere al governo di fermarsi e la pausa di rilessione suggerita dal Presidente della Repubblica e confermata dal governo è stata quindi accolta con favore. "Bene se il governo si ferma e accetta di rivedere il testo in Parlamento", ha detto Dario Franceschini. "Così come è stato proposto dal governo - ha proseguito il segretario del Pd - il ddl sulle intercettazioni finirebbe per indebolire, se non rendere sostanzialmente inefficace, la lotta ai fenomeni criminali". Il decreto, come si sa, non è ben visto neanche dai magistrati e dai giornalisti che contro la riforma hanno indetto uno sciopero. Le perplessità riguardano alcune parti provvedimento, ad esempio quelle che consentono l'ascolto solo in caso di "evidenti indizi di colpevolezza" e non più di "gravi indizi di reato". Il che, osservano le toghe, comporterà una compressione notevole delle indagini perchè non basterà più un reato per avviare intercettazioni su un gruppo di persone, ma si dovrà avere in precedenza la certezza che a commettere il crimine sia stato proprio quell'indiziato. "Bavaglio ai giornalisti". E poi c'è il capitolo contro i giornalisti che rischiano il carcere se pubblicano intercettazioni. Così facendo, ha scritto recententemente la Federazione della stampa per giustificare una giornata di sciopero il 14 luglio prossimo, il decreto finirebbe per "intaccare il diritto di informazione sulle indagini e sulle inchieste giudiziarie". Condividi