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PERUGIA - Si tratta di una “vera emergenza”, una realtà che non si può più fingere di non vedere. L’afflusso al Sert, il Servizio per le tossicodipendenze di Perugia è più che raddoppiato negli ultimi dieci anni, dopo che era triplicato nei dieci precedenti. Così, da meno di 100 utenti dei primi anni ’80 si è arrivati ai quasi 800 del 2006. I Sert umbri hanno in assoluto il tasso di utenti più alto d’Italia (in proporzione alla popolazione residente) e quello di Perugia in particolare ha un tasso di 41,5 utenti ogni 10mila abitanti, contro i 27,7 di media nazionale. Sono numeri e dati inquietanti quelli emersi nel corso della conferenza stampa che la Fp-Cgil di Perugia ha tenuto stamattina nella sede del sindacato in via del Bellocchio. Luigi Bori, segretario generale della Funzione Pubblica di Perugia, insieme a Vanda Scarpelli e Ivo Ceccarini della segreteria, accompagnati da Stefano Goretti, sociologo e rappresentante Cgil all’interno del Sert di Perugia, hanno descritto una situazione gravissima che ha spinto il sindacato ad intensificare la propria iniziativa per quella che lo stesso Bori ha definito “una battaglia di civiltà”, richiedendo l’apertura immediata di un confronto con la Regione e con le Aziende sanitarie. La questione più impellente è quella della inadeguatezza degli organici e delle risorse a disposizione dei Sert. “Un problema di tutto il Paese”, come ha spiegato Lorena Splendori, responsabile nazionale per le politiche sulle dipendenze della Fp-Cgil, che è intervenuta nel corso della conferenza stampa sottolineando la crescente inadeguatezza di servizi nati e pensati all’inizio degli anni ‘90 e che oggi si trovano a dover affrontare le profonde trasformazioni del fenomeno tossicodipendenza (basti pensare all’esplosione del consumo di cocaina) che richiedono approcci nuovi e radicalmente diversi. Inoltre, gli attuali organici – come ha spiegato ancora Splendori – sono pari al 15-20% di quelli che sarebbero necessari. La situazione di Perugia è emblematica da questo punto di vista. Il servizio del capoluogo umbro è infatti passato da una situazione di inizio anni ’80 in cui il rapporto utenti/operatori era pari a 20 unità (5 operatori per 100 utenti), a quella attuale in cui il rapporto è salito a 49 unità (16 operatori per 790 utenti). “E’ evidente – ha osservato Stefano Goretti – che in queste condizioni gli operatori non sono messi minimamente nelle condizioni di fare al meglio il proprio lavoro”. La Fp-Cgil di Perugia ha dunque indicato quelle che sono le priorità assolute di intervento, priorità che dovranno trovare spazio all’interno del Piano sanitario regionale e del Piano sociale che dovrebbero vedere la luce quest’anno. Queste priorità sono: l’adeguamento significativo dell’organico e del budget; la duplicazione dell’attuale servizio, stante il numero di utenti attualmente in carico; la territorializzazione del servizio stesso (presso i centri di salute, gli uffici di cittadinanza o in altri contesti simili) al fine di differenziare l’accoglienza (perché – è stato osservato – non si possono tenere nello stesso ambiente l’eroinomane problematico e il ragazzino trovato con una canna); l’attivazione di politiche di prevenzione, promozione della salute e informazione; e ancora, l’incremento di momenti di aggiornamento e formazione permanente per gli operatori dei servizi pubblici e del privato sociale. Infine, a margine della conferenza stampa si è tornati anche sul delicato tema del prossimo trasferimento del Sert perugino presso il Polo Unico di Sant’Andrea delle Fratte. Una collocazione (in un “bunker” sotto la piastra del Pronto Soccorso) che la Cgil ha sempre considerato e continua a considerare “assolutamente inadeguata” soprattutto per l’insufficienza di finestre e quindi di ricambio d’aria, che può risultare deleteria di fronte alla recrudescenza di malattie come la tubercolosi, riscontrata sempre più frequentemente tra alcuni utenti immigrati del servizio. Condividi