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PERUGIA - Anche se parrebbe ormai chiarita la causa della morte, nel carcere di Capanne, di Aldo Bianzino, restano tuttavia alcuni lati oscuri in questa vicenda. L’autopsia ha stabilito che il falegname di Pietralunga fu colpito da aneurisma cerebrale, ma c’è da chiedersi come mai non venne visitato da un medico nell’arco di tempo (si va dalle due alle 8 ore a seconda delle ricostruzioni) che passò dall’insorgere del male al decesso. Eppure Bianzino, che lamentava un forte mal di testa, dovrebbe aver chiesto soccorso e su questo aspetto ci sono testimonianze contrastanti: alcuni detenuti sostengono infatti (e lo hanno anche detto al gip) che l’aveva fatto intorno all’una di notte, sentendosi però rispondere dall’agente di guardia che per la visita del medico bisognava attendere la mattina successiva; altri smentiscono questa circostanza, giudicandola una montatura ad arte per danneggiare l’agente in questione. Sia come sia, resta comunque il fatto che, mentre giaceva sulla sua branda in preda al dolore, non gli è stato prestato nessun soccorso e il dottore non l’ha mai visto perché fu trovato cadavere alle prime luci dell’alba. Per di più c’è da chiarire il “mistero” delle lesioni al fegato, anche queste rilevate nelle conclusioni autoptiche depositate dai periti in procura e spiegate nella relazione conclusiva con le manovre attuate per cercare di rianimare Aldo Bianzino. Una tesi, questa, che vede fortemente contraria la difesa che per bocca dell’avvocato Massimo Zaganelli giudica la cosa assolutamente inverosimile: fra cuore e fegato c’è una bella distanza, fa notare il legale. Come dire che un massaggio cardiaco non può in alcun modo interessare l’altro organo. Difesa che, comunque, non è neppure completamente convinta della tesi aneurisma, perché – fa notare sempre l’avvocato Zaganelli – Bianzino era un uomo sanissimo e tale l’aveva trovato il giorno prima l’avvocato d’ufficio che gli era stato assegnato. Quindi c’è la necessità di ricorrere ad altri mezzi investigativi per capire se per caso l’aneurisma non sia stato indotto da qualche particolare circostanza. In sostanza la morte per cause naturali non è accettata totalmente dai legali e dai familiari di Aldo e per loro la vicenda non può essere lasciata cadere così. Come pure c’è ancora da spiegare come mai un uomo “pudico” come Aldo Bianzino (per ammissione della sua stessa compagna, Roberta Radici) sia stato trovato nudo. Perché mai si sarebbe spogliato completamente nella cella di un carcere? Si chiede questa volta l’avvocato Donatella Donati, che assieme a Zaganelli ed alla sua collega Cristina di Natale, hanno incontrato i loro periti per parlare proprio della conclusioni autoptiche. Che lo abbiano fatto altri? Ma a quale scopo? Ecco un altro enigma da chiarire e, in attesa di quanto deciderà il pm Giuseppe Petrazzini, che dovrebbe chiudere presto le indagini, non si sa se archiviando il caso o decidendo il rinvio a giudizio, Roberta Radici e Gioia Toniolo, compagna e moglie di Aldo, sono intenzionate ad andare fino in fondo per capire cosa è veramente successo in quella cella la notte del 14 ottobre scorso. Condividi