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GENOVA - E' morto a 75 anni, nella notte a Genova, il leader storico dei camalli del porto del capoluogo ligure, Paride Batini, console della Compagnia unica lavoratori portuali (Culmv), da tempo malato gravemente. Lo si apprende dall'Autorità portuale. Batini era nato nel 1934 a Vicopisano (Pisa) ed era arrivato a Genova da bambino. "Per noi il momento del lavoro non é staccato dalla vita quotidiana, ma si armonizza con essa. In porto fai le stesse cose di sempre, stai con gli amici, con la gente che comunque avresti frequentato, non devi lasciar fuori le tue idee, la tua autonomia, la tua libertà". C'é tutto Paride Batini, il console della Culmv (Compagnia unica lavoratori merci varie) di Genova - la società degli scaricatori di porto, più noti come camalli - morto oggi a 75 anni per un tumore, nelle parole con cui aveva riassunto il senso del lavoro portuale nella sua autobiografia. Era la sua vita la Compagnia Unica Lavoratori Merci Varie di Genova, nata nel '46, che oggi gestisce il lavoro di un migliaio di camalli sulle banchine del primo porto del Mediterraneo. Vi era entrato giovanissimo e l'ha guidata per 26 anni. Aveva iniziato a dieci anni a muoversi sui moli genovesi, e per 17 anni era stato 'occasionale', cioé precario, un termine caro con cui intitolò l'autobiografia, messa giù con l'aiuto di un nipote: "perché se la scrivevo io chissà quanti errori di ortografia" diceva, scherzando sul fatto che era arrivato solo alla quinta elementare. Il Console aveva infatti lasciato la scuola a dieci anni e aveva iniziato subito a scaricare e caricare merci sulle navi in arrivo a Genova, dove era arrivato con uno zio da Vicopisano (Pisa). Il padre lo vedeva poco perché in nome dell'antifascismo era spesso nel mirino delle autorità. Aveva vissuto prima a Molassana, poi a San Teodoro e Oregina, i quartieri dei camalli. Negli anni Sessanta era in piazza, ventiseienne, contro il governo Tambroni e contro lo svolgimento del congresso del Msi, insieme agli altri diecimila camalli. Al vertice della Culmv lo hanno portato l'acutezza di pensiero e la capacità di decidere velocemente per trovare, nei momenti più delicati, soluzioni cruciali: qualità che gli hanno riconosciuto amici e avversari. Per nove volte era stato rieletto all'unanimità e il carisma lo aveva aiutato a superare molti momenti drammatici, specie durante le lotte in porto degli anni Ottanta e Novanta, quando per legge fu rivoluzionato il lavoro in banchina. Aveva consolidato le sue capacità contrattuali nelle infinite vertenze sindacali, nei duri testa a testa con i terminalisti e gli armatori, nella quotidiana lotta "per dare dignità al lavoro", come amava ripetere. Non perdeva mai il senso della realtà. L'anno scorso, gli fu chiesto se poteva essere scelto lui come commissario del porto: "ho altro da fare - rispose - come mettere insieme il pranzo con la cena". Era indagato nell'inchiesta sul presidente dell' Autorità Portuale Giovanni Novi, con l'accusa di truffa, insieme con tanti altri protagonisti della vita portuale genovese, per un fondo messo a disposizione della Culmv e ora sotto l'esame dei giudici. Batini evitò commenti, si limitò a spiegare che non cambiava nulla: "vado al lavoro, come ogni giorno, e se non basta ecco la mia busta paga di duemila euro al mese e con 53 anni di versamenti". Viveva a Calizzano, nell'entroterra di Savona, e ogni giorno era al terzo piano della palazzina della Culmv per cercare di garantire il lavoro ai 1200 camalli. "Il lavoro è il valore dei valori - diceva - l'elemento fondamentale nella vita della Compagnia". Rispettava tutti, anche quei camalli più giovani con i quali di recente erano nati contrasti per la linea da seguire. Perché era sempre convinto che è giusto lottare per idee e diritti: "in porto, pur nel rispetto di una gerarchia operativa non diventi mai come 'Fracchia', parli il tuo dialetto, ti porti dietro il tuo quartiere, discuti di ciò che avviene. Quando esci, il tuo lavoro esce con te, viene nella tua vita, nella tua casa e ripeti il percorso inverso". Condividi