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Caro Wladimiro, cercherò di spiegarti perché sono contrario all’insediamento dell’Ikea a Perugia, che tu invece auspichi come un volano per la soluzione della crisi e il rilancio della città. Non è un problema di illegalità o di illecito, come adombra Italia nostra, ma è un problema politico, che riguarda l’idea di sviluppo della città e del territorio, che francamente vedo mancare nelle tue idee per la città, che hai recentemente esposto. Dici che è falsa e fuorviante la polemica sul mattone a Perugia, quando tutti gli indicatori dicono che il modello di sviluppo in Umbria, e anche a Perugia, è stato drogato nell’ultimo decennio dall’ipertrofia del ciclo del mattone, le famose “tre c”, che nel frattempo sono diventate quattro: ai cementieri, cavatori e costruttori si è aggiunto ora anche lo strapotere dei centri commerciali. Si tratta di un modello di sviluppo “povero” e di scarsa qualità, a basso valore aggiunto, con pochissimi investimenti in ricerca e sviluppo, a bassa tecnologia e con una qualità del lavoro fragile, temporanea, stagionale, spesso in nero, con pochi diritti e senza garanzie. Quando poi questo modello si incrocia con le multinazionali, i problemi sono ancora maggiori, perché la ricchezza prodotta va fuori dal territorio e alle prime avvisaglie di crisi arriva la delocalizzazione produttiva e la perdita dei posti di lavoro. Magari dopo che le istituzioni locali hanno foraggiato ampiamente le imprese per lo “sviluppo del territorio”. La vicenda dell’Ikea non si discosta molto da questo quadro. 15mila metri quadrati di cemento in più, oltre ad un’area di parcheggio per 4-500 posti auto, una multinazionale che porta prodotti standardizzati realizzati fuori dall’Umbria e che porterà i proventi fuori regione. Se alcuni hanno proposto un modello di sviluppo che valorizzi la filiera corta, e noi siamo tra questi, che crei sbocchi commerciali per i prodotti umbri, potenzi le realtà locali, che hanno una tradizione di qualità, alta professionalità e attenzione al rapporto con i consumatori e alle loro esigenze, la proliferazione dei grandi centri commerciali che orbitano attorno alle imponenti catene multinazionali no fanno altro che impoverire lo sviluppo locale e il territorio. Che per loro è solo un’area di progressiva conquista commerciale, fino a quando c’è da mungere ci si sta, poi si vedrà, non ci vuole molto a sbaraccare e trasferirsi altrove, dove il mercato tira di più. Tralasciamo, poi, la questione del lavoro: precario e a rischio, ma non ci preoccupiamo, tanto il Pd vuole introdurre l’assegno di disoccupazione a chi non ha o perde il lavoro. Condividi