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di Daniele Bovi "Ci batteremo fino alla morte contro la chiusura dello stabilimento della Limoni di Ponte San Giovanni". Così ha detto ad Umbrialeft Vasco Cagliarelli della Cgil provinciale pochi minuti fa, quando si era appena concluso il tavolo istituzionale al quale si sono seduti Cgil, Cisl, gli assessori Granocchia, Giovannetti e Liberati e due rappresentanti dell'azienda. L'ipotesi che circolava questa mattina sulla stampa locale a proposito di una richiesta di cassa integrazione in deroga, è stata completamente scartata. Questo semplicemente perché la precondizione per la richiesta di Cig è la chiusura dello stabilimento alle porte di Perugia che dà lavoro a 60 persone. Il summit di oggi invece ha prodotto la richiesta di un tavolo nazionale dove discutere della vicenda. "Quella della Limoni - dice Cagliarelli ad Umbrialeft - è una crisi nazionale. La crisi di un gruppo che ha 2400 dipendenti e 330 milioni di debiti. Roba da portare i libri in tribunale". Se il barometro dunque per i 60 dipendenti segna tempesta, questo è anche dovuto al fatto che all'incontro la controparte aziendale era di quelle di scarso peso. Il responsabile del personale e i due manager presenti oggi sono semplici esecutori di decisioni sulle quali non possono influire in alcun modo. "Noi invece - dice Cagliarelli - vogliamo parlare con chi realmente prende le decisioni". E' il metodo delle multinazionali baby. La stessa decisione di chiudere lo stabilimento di Ponte San Giovanni infatti (che rifornisce i 15 punti vendita Limoni presenti sul territorio umbro), è stata comunicata nei giorni scorsi ai sindacati con una semplice telefonata. Un vero e proprio fulmine a ciel sereno: anche perché appena pochi giorni prima l'azienda diceva che andava tutto bene. No problem. Condividi