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TERNI - Il 28 novembre scorso, a Terni, presso il Palazzo Gazzoli, si è tenuto il Convegno sul tema “L’Educazione Permanente ed integrazione degli stranieri”. Diversi i relatori fra i quali i Direttori Generali Carmela Lo Giudice Sergi e Ugo Panetta. I rappresentanti dei Centri Sociali Mario Andrea Bartolini e Eddie Nebo; l’Ispettore ministeriale Antonio Gazzetti; gli assessori Fabrizio Pacifici e Alida Nardini e le Prof.sse Alessandra Robatto (difensore civico della Provincia) e Vincenza Depretis che hanno portato all’attenzione dei presenti esperienze concrete. L’iniziativa è stata patrocinata dalla Regione Umbria, dalla Provincia di Terni, dal Comune di Terni, dalla Direzione Scolastica Regionale e dall’UNLA-UCSA (Unione Nazionale Lotta Analfabetismo-Università di Castel Sant’Angelo). Nel corso del convegno sono state consegnate agli studenti più meritevoli, diplomatisi nell’a.s. 2007/’08, gli assegni di Studio “Sergio Secci”: Barcherini Andrea; Demiri Agron; Venturi Leonardo; Mustafa FrancesK, Micheli Alessio. Intervenendo nel dibattito, il dirigente scolastico, nonché assessore al Comune di Terni, Ing. Giocondo Talamonti, ha osservato che la globalizzazione dei mercati, cioè quel fenomeno secondo il quale la produzione nei vari paesi diventa sempre più interdipendente, ma ancora la crescita incontrollata della popolazione di alcune zone rispetto ad altre, l’estensione degli stessi livelli di consumo, le difficoltà politiche ed economiche dei paesi sottosviluppati, le disuguaglianze sociali ed altri fenomeni, pongono ogni uomo nella condizione di doversi confrontare sempre più con situazioni e culture diverse rispetto al suo “habitat” usuale. Tale fenomeno si traduce in atteggiamenti che si collocano spesso in posizioni diametralmente opposte e che vanno dalla più ampia solidarietà all’estrema intolleranza. Da qui la necessità di analizzare il fenomeno in tutti i suoi aspetti perché si passi a concepire la propria condizione di appartenenza non più relegata nei limiti ristretti di un luogo e del suo contesto ma in quello più ampio di cittadinanza del mondo. La scuola sotto questo aspetto può e deve fare molto ponendosi obiettivi ed utilizzando metodi che possano incidere profondamente nella creazione di una formazione autenticamente interculturale dei giovani. Per l'ing. Talamonti dal punto di vista operativo si potrebbe: - costituire un osservatorio sui comportamenti degli studenti di culture diverse; - monitorare gli accadimenti in presenza di situazioni di disagio e in condizioni di gravi difficoltà (barboni, violenze sui minori, violenze sulle donne, Aids, senza dimora, reddito insufficiente, malati di mente, tossico dipendenti, alcolisti, immigrati e disoccupati); - distribuire test per costruire una base dati su cui discutere; - classificare tipologie di violenza; - somministrare questionari per fare emergere le diverse opinioni sui temi dell’intercultura, della pace e della non violenza; - analizzare le risposte per spunti di riflessione; - elaborare i dati statisticamente per dotare di un valido strumento cognitivo, avente la caratteristica della sinteticità e delle leggibilità, chi deve confrontarsi giornalmente con la realtà giovanile. Il passo successivo dovrebbe consistere nel far risaltare il concetto di diversità non come condizione di accettazione passiva di due status ma come una ricchezza di valori determinati da esperienze maturate in ambienti culturali diversi, da saperi derivanti da usi, costumi, tradizioni, organizzazioni sociali, assetti politici, strutture economiche ed ordinamenti giuridici che connotano il modo di essere dei vari popoli e soggetti. Non è certo facile integrare gruppi etnici o individui che sono portatori di istanze e di esigenze non uniformi. Una semplice presa di coscienza di tali problemi non ha di certo il potere di modificare idee, sentimenti, comportamenti fortemente radicati e che fanno parte da sempre del patrimonio ideologico di ogni persona. La possibilità di assicurare una pacifica e proficua convivenza esige perciò un impegno che non può essere limitato alle meritorie ma sporadiche contingenti attività che vengono comunemente realizzate, ma richiede invece un’azione continua, protratta nel tempo, basata sulla conoscenza della realtà, sulla comprensione delle ragioni che hanno messo a contatto. "Questa esigenza di superare i particolarismi- ha concluso Talamonti - ci obbliga a scegliere strategie educative che consentono di fare “crescere insieme” giovani di diverse nazionalità, di diversa estrazione sociale per conseguire attraverso la scuola, intesa come “laboratorio multiculturale” l’abbattimento di ogni frontiera sul piano della formazione personale, culturale e professionale…" Condividi