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NARNI - Il capogruppo di Rifondazione Comunista al Comune di Narni, Alfonso Morelli, non ne vuole proprio sapere che in quel territorio venga realizzata una centrale nucleare per la produzione di energia elettrica e, non appena venuto a conoscenza di questa possibilità ha presentato una mozione indirizzata al Sindaco, agli assessori competenti ed al presidente del Consiglio comunale affinché venga adottata una delibera consiliare nella si dichiari il "territorio comunale denuclearizzato", contrario quindi alla produzione di energia nucleare. Oltre a ciò chiede anche di vietare su tutto il territorio comunale l'installazione di centrali che sfruttino l'energia atomica e, per maggiore sicurezza ancora, di garantire la massima trasparenza e partecipazione nel processo di individuazione di siti di stoccaggio per i rifiuti radioattivi, derivanti anche dal decommissioning delle centrali dismesse dopo il referendum del 1987. Nella sua mozione Morelli ricorda che il governo ha deciso per un ritorno del nucleare nel nostro Paese, con un obiettivo dichiarato di produrre il 25% dell'energia elettrica dall'atomo. Per arrivare a questo obiettivo l'Italia dovrebbe localizzare e costruire sul territorio nazionale 8 reattori. In questo contesto - spiega ancora - nel Comune di Narni, l'area di Treie risulta essere un sito per una possibile realizzazione di una centrale nucleare, una tecnologia che non ci farà recuperare i ritardi rispetto alle scadenze internazionali per la lotta ai cambiamenti climatici poiché sono necessari almeno 10-15 anni prima della realizzazione di una centrale nucleare, il che non permetterebbe all'Italia di rispettare l'accordo vincolante europeo 20-20-20 (secondo cui entro il 2020 tutti i Paesi membri devono ridurre del 20% le emissioni di CO2 del 1990, aumentare al 20% il contributo delle rinnovabili al fabbisogno energetico, ridurre del 20% i consumi energetici), incorrendo con ciò in ulteriori sanzioni da aggiungere a quelle ormai inevitabili per il mancato rispetto del Protocollo di Kyoto (ad aggi ammontano ad oltre 1 miliardo di euro). Inoltre l'apparente basso costo del KWh nucleare è dovuto esclusivamente all'intervento dello Stato, direttamente o indirettamente, nell'intero ciclo di vita di una centrale dalla costruzione allo smantellamento sino allo smaltimento definitivo delle scorie (47-71 dollari per MWh, escludendo qualsiasi sovvenzione statale all'industria dell'atomo, contro i 35-45 dei cicli combinati a gas naturale secondo l'Università di Chicago). Senza considerare poi che non esistono garanzie per l'eliminazione del rischio di incidente nucleare e conseguente contaminazione radioattiva, come dimostra la lunga serie di incidenti avvenuti in Francia nell'estate del 2008, è sempre presente una contaminazione "ordinaria" delle centrali nucleari in seguito al rilascio di piccole dosi di radioattività durante il normale funzionamento dell'impianto a cui sono esposti i lavoratori e la popolazione che vive nei pressi. Per Morelli, infine, non esistono ad oggi soluzioni concrete al problema dello smaltimento dei rifiuti radioattivi derivanti dall'attività delle centrali o dal loro decomissioning. (Caso Italia dati APAT: ad oggi devono ancora essere smaltiti 25mila m3 di rifiuti, 250 tonnellate di combustibile irraggiato (pari al 99% della radioattività presente nel nostro Paese),1.500 m3 di rifiuti prodotti annualmente da ricerca, medicina e industria, circa 80-90mila m3 di rifiuti che deriveranno dallo smantellamento delle 4 ex centrali e degli impianti del ciclo del combustibile.); mentre le riserve di U235 (l'uranio fissile altamente radioattivo che rappresenta il combustibile dei reattori nucleari), al ritmo di consumo attuale, potranno essere stimate per circa 70 anni, ma se la richiesta crescesse, si potrebbe riproporre una situazione del tutto simile a quella del petrolio. A tutto ciò si aggiunge il fatto che i consumi di acqua necessari al funzionamento dei reattori aggraverebbero la già delicata situazione italiana in quanto in media per un reattore da 1.000 MW servono oltre 2,5 milioni di metri cubi di acqua al giorno. Una quantità rilevante anche per il nostro Paese, visti anche gli scenari futuri sugli impatti dei cambiamenti climatici che prevedono una consistente riduzione della nostra disponibilità di risorse idriche. Condividi