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di Carlotta Fattorini, segretaria PRC Città della Pieve CITTA’ DELLA PIEVE - A seguito della Legge 05.01.1994 n.36 e della L.R. 05.12.1997 n.43 il servizio idrico è stato riorganizzato sulla base di Ambiti Territoriali Ottimali detti A.T.O. , in Umbria ne sono stati individuati 3 e i Comuni e le Provincie di ciascun ATO hanno dovuto costituire un’autorità d’ambito a cui spetta di programmare, organizzare e controllare la gestione del servizio ma soprattutto deve assegnare il servizio al così detto gestore. Nell’Ambito 1 dove attualmente opera Umbria Acque sino al 2002 il servizio era gestito in maniera differente per i singoli territori e, a Città della Pieve, la gestione era direttamente del Comune con un servizio che oltre che essere di buona qualità, arrivava al pareggio di bilancio con un costo ai cittadini assai minore di quello odierno. Dal 1 gennaio 2003 Umbria Acque gestisce il Servizio Idrico Integrato e a quasi sei anni di distanza pensiamo si possa fare un bilancio che, purtroppo, risulta assolutamente negativo soprattutto per il vertiginoso aumento delle tariffe che ha portato a una triplicazione del costo dell’acqua, dell’allaccio dei contatori e dei cambi di utenza. Dietro questa rincorsa alla privatizzazione dei beni primari non c’è la volontà di ridurre i costi alle famiglie attraverso la concorrenza, ma anzi si crea una situazione di gestione monopolistica che fa venir meno il mercato. Abbiamo forse la possibilità di servirci da un fornitore differente da Umbria Acque? No, perché l’azienda è stata scelta dall’Autorità d’ambito e siamo costretti a rivolgerci esclusivamente a loro che impongono tariffe e costi elevatissimi contribuendo alla terribile situazione di disagio finanziario che attanaglia le famiglie. L’ansia di privatizzare, più che rispondere a vere esigenze operative, è dovuta ai vantaggi economici che derivano da una tale gestione. Purtroppo mentre nel Paese c’è un fermento contro la privatizzazione dell’acqua, il 5 agosto 2008 il Parlamento Italiano ha votato l’articolo 23 bis del decreto legislativo numero 112 del ministro Tremonti che, nel comma 1, stabilisce una gestione dei servizi idrici sottomessa alle regole dell’economia capitalistica ricordando che ciò è avvenuto con l’appoggio della così detta opposizione del PD e facendo si che l’Italia oggi entra a far parte di quei Paesi per i quali l’acqua è una merce. Ciò non è di poca rilevanza perché così facendo gli utenti hanno a che fare con un prezzo che inspiegabilmente cresce sempre di più. Altro trattamento è riservato alle ditte che imbottigliano l’acqua, ad esempio la Rocchetta paga alla regione dell’Umbria una cifra irrisoria e questo senza alcuna progressività (non più prendi più paghi) con enormi profitti per queste multinazionali che “rapinano”, nei territori altrui, acqua che poi rivenderanno a prezzi incredibilmente più alti a quelle persone che sono state “rapinate”. Il servizio idrico va completamente ripensato dal punto di vista del cittadino-consumatore con interventi che, a livello nazionale, dovrebbero prevedere principi per la tutela, il governo e la gestione pubblica delle acque. Ciò significa intraprendere una politica dell’acqua centrata su un governo pubblico degli usi, sul risparmio e sui disincentivi al consumo; dotarsi di un governo dell’acqua partecipato dei cittadini che deve tradursi in una gestione trasparente e innovatrice della società di gestione; adottare misure che concretizzano la gratuità del diritto dell’acqua per tutti cioè la presa a carico da parte della collettività, attraverso la fiscalità generale, di 50 litri pro capiate al giorno, e infine affidare la gestione dell’acqua a un soggetto di natura giuridica esclusivamente pubblico. A livello regionale sarebbe necessario definire il ruolo dell’Agenzia ATO come strumento dei Comuni e di tutela dei cittadini (non come realtà autonoma in balìa di interessi aziendali); costituire inoltre presso l’Autorità regionale per la vigilanza dei servizi idrici un Osservatorio con la presenza dei Comitati acqua, cui possano rivolgersi i Cittadini. La prossima amministrazione comunale dovrebbe riprendere un controllo politico sulla gestione dell’acqua e risulta indispensabile instaurare una pratica di informazione continua da parte dei Consigli Comunali ai cittadini che presuppone che non ci sia nessuna riservatezza sui dati riguardanti l’acqua, sia con la pubblicazione di dati tecnici, sia con le informazioni di gestione. L’ acqua non è una merce ma un bene comune assoluto che tutti hanno il diritto di servirsene. Condividi