Vivere dolorosamente

Il ricordo di Luca Canali, a due anni dalla sua scomparsa (8 giugno 2014), mi ha spinto a una rivisitazione di un antico suo testo “La follia lucida”, pubblicato nel lontano 1972.
Vivere può essere doloroso e Canali ha sperimentato sulla propria pelle la sofferenza della nevrosi corrosiva, l’angoscia di una disperazione assoluta e universale, lottando con il quotidiano tentativo di trovare un equilibrio fra realtà alienante e lucida follia.
Il titolo di questo suo libro, misto di prosa e versi, attrae per la sua contraddizione tra follia e lucidità. La lucidità di Canali consiste nella minuziosa analisi della sua contraddizione interiore: ossessione di annientamento e disperazione autodistruttiva si alternano a soprassalti di ebbrezza che rasentano se non la follia, una sovraeccitazione dell’animo, un furore costruttivo, una volontà di riscossa, di risalita dagli abissi, controllate dal grande rigore di una coscienza sempre vigile.
Canali ha frequentato le zone oscure dell’esistenza e guardato i dettagli che esistono nelle pieghe della vita, nel “brulichio della vita”, in quelle piccole ma significative zone d’ombra che torturano, assediano, fanno male; il suo sguardo si posa non sulla parte gioiosa, ma su quella dolorosa delle umane vicende, frequenta il male di vivere, irradiando la sua inquietudine nel nostro male di vivere. Non ci confortano né ci consolano i suoi versi, anzi ci inquietano, e la sua disperazione si insinua nelle inquietudini di tutti noi, “marionette dell’happening grottesco della vita”. Non c’è domani, resta solo l’oggi e
“il balzare da una parte all’altra dell’oggi, / come la pallina di celluloide / di una tragica partita di ping-pong”.
Le pagine di prosa contengono riflessioni per lo più sconsolate e amare, ma di una modernità sorprendente, lontane da ogni banalità.
Le poesie sono come atti di un teatro sul disagio dell’esistenza, un viaggio nelle illusioni dell’uomo, nelle sue imperfezioni, e rivelano spossatezza, travaglio interiore, delusione per lo scadimento sociale e morale della società osservata con occhi ora severi, ora indulgenti, ma vi prevale un senso di squallore per il presente, perché l’uomo, “un prodotto mal riuscito della natura”, in ogni situazione riesce sempre a dimostrare tutta la sua meschinità, il suo egoismo, la sua vigliaccheria:
“La stupidità e la brutale furberia sono ormai così generalmente diffuse che non si può cercare di ignorarle e neanche fare nulla per sconfiggerle. L’unico modo per resistere, e forse per strappare ai propri simili qualche barlume di umanità è spezzare il circolo dell’inimicizia come presunzione di difesa, e offrirsi agli altri completamente disinteressati e indifesi”.
L’unica protezione alla crudeltà del mondo è un abbraccio dolentissimo con le altre creature sofferenti, siano esse persone o animali.
Indagando tra le pieghe dei sentimenti più profondi di queste liriche taglienti e desolate, con un’inclinazione autobiografica - c’è sempre un filo di vissuto che lega i suoi pensieri all’interno di mille asprezze psicoesistenziali - Canali racconta l’eterna e vana ricerca della felicità e della pace:
“Voglio trovare posa /ai miei eroici furori, terra, prosa” e l’anacronistica nostalgia al ricordo del passato: “Tutto è diverso, svanito l’incanto, tutto è divenuto banale” e al confronto con esso entrando in una sezione del P.C.I:
“Ho trovato ragazzi allegri e duri,/ fulminei nel capire, denti bianchi / da lupo, probabilmente deodorati, / invece degli antichi partigiani / macilenti, un po’ tardi, un po’ sudati./ Ho trovato ragazzi beat dal volto /sorridente e abbronzato. Solo allora / ho sentito quanto tempo è passato./ Erano gli anni / della certezza brutale, / ora è l’età /dell’incertezza trionfale”.
Tuttavia, anche quando tutto è pervaso dalla violenza del male si aprono squarci di luce che ridanno speranza. Sono fessure, frammenti di serenità che inducono a credere ancora nella bellezza e nella forza della natura: nel“cielo percosso da lame di luce,/ da pumblei rabbuffi di venti, o in un alito dolce di vento che muove la fronda del viale”.

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