E1ena Stanghellini nel suo commento del 1 luglio, giustamente, e con elementi di valutazione tratti dall'ultimo rapporto di Bankitalia sull'Umbria, mette in evidenza i segnali di una ripresa economica già in atto soprattutto sul versante delle esportazioni.

Essendo i fenomeni sociali ed economici complessi, e soprattutto essendo colpiti da una crisi strutturale che ormai perdura da oltre 8 anni è giusto, credo, fornire anche un'altra chiave di lettura.

E questo non per essere necessariamente associati alla categoria dei"gufi"o peggio dei "rosiconi" ma sostanzialmente, forse in una logica retro, rimango convinto della permanente validità dell'affermazione di Antonio Gramsci che occorra si l'ottimismo della volontà ma associato al pessimismo della ragione. Se poi il pessimismo della ragione viene corroborato dalla ragione dei numeri allora, credo, occorra continuare a discutere se siamo, o no, uscendo dalla crisi.

E allora vediamo i numeri relativi alla prima parte del 2016. L'Istat, il 1 luglio, ci dice che l'indice di deflazione nazionale è pari a -0,4%. Come abbiamo sottolineato più volte la deflazione è il male peggiore, da contrastare perché indica segnali forti di recessione, di una crisi che si avvita sempre di più e dove tra l'altro aumenta il peso del debito pubblico e privato. Rispetto alla media nazionale l'Umbria registra un livello più alto, -0,6%, superata solo dalla Puglia, -0,8% e nelle stesse condizioni della Sardegna. Peggiore la situazione nel capoluogo di regione, Perugia, che si colloca a -0,7%. Questo per quanto riguarda i dati fomiti dall'istat, se poi ragioniamo sulle ricerche dell'Inps, se possibile la situazione diventa ancora più preoccupante. Infatti l'Osservatorio nazionale sul precariato dell'Inps ci dice che (dati relativi ad aprile 2016) i nuovi rapporti di lavoro attivati nei primi 4 mesi dell'anno sono stati 3.918 contro i 7.777 dello stesso periodo del 2015, con una contrazione del 49,6%,nell'arco di un anno (parliamo dei cosiddetti con tratti a tutele crescenti).

L'Umbria anche su questo versante è andata peggio del trend nazionale dove la riduzione è stata del 35,1%. Per quanto riguarda l'utilizzo dei voucher nei primi 4 mesi del 2016, l'Umbria arriva a quota 732.719 con un +69,5% sul 2014 e+41,9% sul 2015.

In sostanza Istat e Inps in questa prima parte del 2016 smentiscono qualsiasi lettura ottimistica sulla situazione economica e sociale della nostra regione, se non altro sul versante delicato e centrale del lavoro. L'Umbria, lo dicono i dati, continua a vivere una situazione di difficoltà profonda e ormai strutturale,che, come più volte, abbiamo sollecitato, richiederebbe e imporrebbe politiche economiche alternative sia a livello nazionale che europeo e una profonda discontinuità tutta mirata a ridare valore al tema del lavoro.

Mario Bravi

Questo intervento è stato pubblicato dal Corriere dell'Umbria nell'edizione di sabato 2 luglio 2016.
L'autore ha autorizzato la sua riproduzione anche su Umbrialeft.

Condividi