La sinistra che rischia di perdere se stessa

di Gian Filippo Della Croce
PERUGIA - L’asfissia democratica di cui oggi sta soffrendo il nostro paese è sempre più acuta e rischia di diventare incurabile, perciò se non si inverte rapidamente la tendenza al progredire del male, quest’ultimo finirà per uccidere il malato, cioè la democrazia stessa. All’origine della malattia c’è la fine del principio di giustizia sociale, un paradigma obbligatorio per una democrazia che voglia chiamarsi tale, la sua assenza o quantomeno la sua debolezza appare ancora più grave di fronte all’incapacità attuale della politica di prendere pubblicamente atto di questa realtà, che rimette in discussione valori e fondamenti del governo democratico di un paese a sua volta facente parte di una comunità più vasta, quella europea, anch’essa sempre più in deficit di democrazia, di quella governance democratica che può legittimare misure e decisioni, provvedimenti di risanamento e di rigore, rappresentanza e rappresentatività. In mancanza di una legittimazione democratica e in presenza di un deficit della politica tutto diventa “automatico”, il che significa senza un consenso diffuso, senza la necessaria equità che da sempre nelle democrazie tende ad equilibrare le differenze sociali.
Così anche un eventuale giusto rigore (inteso ovviamente a salvaguardia del bene comune) non temperato dall’equità e dal consenso diventa ingiusto nella sua comprensione e tanto più nei suoi strumenti di attuazione. Ad aggravare il quadro c’è quella mancanza di politica che sta diventando sempre più intollerabile da parte di chi dalla politica attende risposte: i deboli, gli emarginati, i disoccupati, i poveri vecchi e nuovi, i giovani senza futuro, i ceti medi in caduta libera, la scuola senza valore, i lavoratori, insomma quella società composita che il Welfare, aveva ricomposto, determinando strumenti di riequilibrio sociale e di sostegno alla qualità della vita. All’interno del sistema c’era quel vincolo di libertà fra capitale e lavoro il cui fine era la legittimazione di un sistema che era per tutti, imprenditori e lavoratori. La società che è nata dopo l’ultimo conflitto mondiale si è dunque ritrovata all’interno di questo sistema per più di mezzo secolo e la politica ne ha garantito per lo stesso tempo la difesa e l’efficienza, ma venendo a mancare la politica chi difenderà quegli equilibri di giustizia sociale che erano stati la vera conquista del mondo del lavoro e della produzione? E chi legittimerà allora i nuovi canoni che la grande finanza senza più limiti al suo potere, senza più il rispetto verso lo stato sociale voluto e difeso dai governi, sta imponendo a una società sempre più disorientata ed avvilita dalla sistematica perdita di diritti e di spazi democratici? I politici si stanno assumendo una grave responsabilità di fronte al futuro della democrazia, a tutti i livelli, ovvero non c’è livello di impegno politico che possa dichiararsi esente da tale responsabilità e l’autorefenzialità che sta surrogando la debolezza dei partiti non riuscirà a salvarli , perché la politica per salvarsi (nell’interesse del bene collettivo) ha bisogno di idee, di proposte, di iniziative per riscrivere quel contratto sociale che con le opportune protezioni, con i nuovi diritti e doveri possa rimettere in moto una contemporanea crescita della società e della democrazia attualmente bloccata da quella che viene banalmente chiamata la “crisi” e dai suoi infausti effetti. In questa direzione si aprono grandi praterie per un impegno nuovo della politica, spazi che se lasciati vuoti finiranno per essere occupati da tutto ciò che nega la stessa politica quanto la democrazia. E’ una sfida che attiene come non mai alla sinistra, attualmente ingessata in una situazione di garantismo che da buona parte dei gruppi dirigenti viene giudicata vantaggiosa, ma che al di là di un eventuale consenso elettorale di stampo moderato, finirà per avallare definitivamente l’esclusione di una buona parte di quella società che il welfare aveva fin qui garantito, quella parte di società che fino ad oggi ha costituito il bacino elettorale della sinistra. Barattare i voti tradizionalmente orientati a sinistra con i nuovi voti moderati? E’ questo il solo modo per portare la sinistra al governo? La sinistra dovrebbe capire che lo scenario è stato stravolto e che ciò che si è perduto difficilmente potrà essere recuperato come era prima, in questo caso le responsabilità a sinistra sono enormi, ma assumendo positivamente quel realismo che pure in politica ogni tanto è necessario, il rischio vero è che si persegua una nuova legittimazione con l’esclusione di soggetti sociali che in gran parte sono stati da sempre riferimenti della sinistra, in un contesto democratico che pur conservando le forme di una democrazia non ne conservi la sostanza. In pratica la sinistra rischia di perdere se stessa.

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