Non basta avere ragione per vincere

di Leonardo Caponi
PERUGIA - Vorrei riflettere su una delle idee forza (la principale?) sulle quali poggia la costruzione del cosiddetto quarto polo. Credo che un certo numero di persone possa guardare con interesse al nuovo soggetto, ma aspetta di essere convinto, sulla questione che segue e forse anche su altre, fino in fondo.
L’idea è quella secondo la quale il montismo sarebbe “passato”, poiché ha potuto contare su un gigantesco sistema informativo, mediatico e culturale, al quale le voci difformi o alternative non hanno avuto accesso. Si tratterebbe quindi di impegnarsi in una azione di pedagogica spiegazione della verità della crisi e, come si diceva un tempo, di demistificazione delle tesi ufficiali, per produrre un rovesciamento o una incrinatura significativa della coscienza pubblica.
Con tutto il rispetto, mi sembra una tesi scolastica e, in ogni caso, ascrivibile ad una filosofia millenaristica di origine religiosa (la predica capace di conquistare), piuttosto che a quella marxista o, anche più semplicemente, alle idee del progressismo laico.
Al proposito mi torna in mente un’espressione usuale in vecchi dirigenti che, in altra epoca, fecero grande il PCI: “non basta avere ragione, per vincere!” erano soliti sostenere, poiché, aggiungevano avendo vissuto amare delusioni sulla loro stessa “pelle”, se avessero prevalso le ragioni, i comunisti sarebbero stati “al potere da un pezzo”.
Quella della formazione del consenso, particolarmente in società frantumate come la nostra, è una questione complessa che chiama in causa categorie ancora più “solide” della pur importante questione della proprietà e gestione dell’apparato informativo. Sono categorie che non meccanicamente e necessariamente possono coincidere con le ragioni e la dimensione del disagio sociale e che, normalmente, “maturano” in tempi lunghi. Si possono avere mutamenti anche repentini del senso e della consapevolezza comune, cambiamenti ed esplosioni apparentemente improvvisi e inaspettati, ma essi sottintendono comunque tempi estesi di sedimentazione e maturazione sottotraccia e un lavoro, più o meno evidente, di “preparazione”.
In Italia oggi, non c’è traccia di tutto questo! Non c’è, almeno ad una indagine razionale, una, come dire?, coscienza pubblica o di classe, sopita, da risvegliare! La sofferenza sociale ha trovato sbocco in una critica generalizzata e indiscriminata contro la casta e un generale disprezzo verso tutti i partiti! I movimenti esistenti, pur generosi e radicali, sono parziali, separati l’uno dall’altro, difensivi, originati dall’isolamento e dalla disperazione piuttosto che dalla consapevolezza!
La vittoria delle idee del liberismo non è recente nel nostro Paese. Esso si è gradualmente insinuato nel corso degli ultimi decenni ed ha raggiunto una tale pervasività che l’immagine si può permettere di prevalere sulla realtà, l’ideologia sulla ragione e, paradossalmente, nel punto più alto della sua crisi e del suo fallimento, può essere riproposto come ricetta per il futuro! E’ stata abbandonata ed è mancata in questi anni (lasciamo stare se per ragioni oggettive o per libera, colpevole, scelta) una critica al capitalismo ed una idea ad esso alternativa o, quando c’è stata, non ha avuto la massa critica sufficiente a contrastarlo. Ha ragione Vito Nocera (ex dirigente, ora militante del Prc ) quando nota, in un suo articolo, che la forza del PCI era basata su un meccanismo di acquisizione e mantenimento del consenso, poggiato ed “emanato”da una struttura grande, articolata e complessa in grado di produrre politica e “cultura” e non principalmente affidato alla abilità oratoria o alle apparizioni televisive dei suoi leaders e nemmeno a prevalenti pratiche di soccorso e solidarietà sociale.
Il rischio che una lista “raccogliticcia” (nel senso che somma differenze culturali e personali anche forti) dell’ultima ora non abbia i caratteri di credibilità, affidabilità e fiducia necessari a produrre il rilevante mutamento di opinione al quale si punta, mi pare evidente. L’esperienza, non certo remota, della lista arcobaleno (coalizione indiscutibilmente diversa, ma anche analoga) pesa come un macigno.
Certo, ricordare il “modello Pci” può sembrare astruso e demagogico. Di sicuro però le possibilità e speranze di affermazione politico elettorale del quarto polo non possono non essere affidate ad almeno a due imprescindibili condizioni. La prima è quella di una grande coesione programmatica che, nella realistica impossibilità di avere una cultura comune, dia l’idea che, almeno in relazione agli obiettivi, si parla con una lingua sola. La seconda è quella del realismo e della credibilità dei programmi e anche del modo di essere. Egemonie estremistiche, fughe in avanti, progetti e prospettive tanto più ambiziose, fascinose e iperboliche quanto più fuori e in conflitto con la realtà, non farebbero altro che portare acqua al mulino di quell’idea di un “voto utile per il cambiamento possibile” che sarà, senza dubbio, l’ostacolo più insidioso da affrontare per chi deciderà di raccogliere la sfida del polo alternativo .

Sabato
08/12/12
17:26
Complimenti a Caponi.