Almeno da questa parte del mondo, ma il mondo è sempre stato uno e geograficamente indivisibile per lui, nessun pensiero anticapitalista è stato fecondo negli ultimi decenni come quello di Toni Negri. Eppure la sua riflessione, rigorosamente e coraggiosamente rimasta sempre nel solco marxiano, malgrado l’enorme prestigio intellettuale e accademico planetario, non potrà mai essere disgiunta dal suo carattere militante, dalla lotta. In questa bella video-intervista realizzata lo scorso anno da Ed Emery – la riprendiamo da una delle molte preziose voci che a Negri riconoscono un insegnamento libero quanto fondativo, quella di Effimera. Critica e sovversioni del presente – dopo aver ripercorso la nascita e la storia dell’operaismo in Italia, raggiunti i novant’anni, Negri lo ribadisce con l’entusiamo di un ventenne. Anzi, il suo grido è perfino più esplicito: “Se qualcuno dovesse chiedermi che cosa consiglierebbe un Toni Negri vecchio a un Toni Negri giovane, ebbene io credo che gli consiglierebbe di fare ciò che hanno fatto i vecchi: ricomincia ad andare in mezzo ai compagni, ricomincia a studiare a scuola, all’università, ricomincia ad andare a vedere dove c’è il lavoro come è fatto, in termini di inchiesta innanzitutto, cioè di sapere, di conoscenza e poi di lotta“. Quel suo grido, con la voce segnata dai tanti decenni a cercare un cammino per la rivoluzione: “Forza compagni, andiamo avanti!“, non può non commuovere, soprattutto pensando alla veemenza degli scontri che ha aperto non solo con l’avversario di classe di sempre, con il capitale, ma spesso anche con la sua parte, che è anche la nostra. D’altro canto, precisa il “vecchio”teorico sovversivo comunista: “la lotta di liberazione si fa insieme alla gente che soffre di più. E noi siamo la gente che soffre di più. E si fa nel lavoro e si fa per liberarsi dalle catene. Sempre, ieri come oggi”. E poi, solo per rimanere alla violenza del nostro tempo, l’uomo certamente più accusato in Italia di esser stato il “cattivo maestro” per intere generazioni di guerriglieri precisa che dobbiamo liberarci anche “dalle catene della guerra. Perché la guerra è l’ultima cosa che il capitale è capace di fare. È capace di distruggere anche se stesso per tenerci sotto il suo tallone”. Noi di Comune, che non abbiamo condiviso alcune delle sue straordinarie intuizioni più largamente apprezzate, come quelle sul potere costituente o sulla moltitudine come soggetto autonomo il cui movimento positivo diventa, in sostituzione della decrepita idea di partito, forza motrice della storia, oggi non possiamo che unirci alle moltitudini commosse che lo piangono. Addio, Toni Negri, e grazie

 

L’intervista video con Toni Negri è realizzata in occasione dell’uscita del su libro Marx in Movement: Operaismo in Context (Polity Press, Cambridge, traduzione di Ed Emery), uscito nel dicembre del 2021.

Negli anni Sessanta, Settanta, dice Negri, le riflessioni teoriche erano parte integrante delle lotte operaie. “L’operaismo è stata una pratica di studio, di intervento – meglio di intervento e di studio – che noi, io e tanti altri compagni, soprattutto in Italia nelle grandi fabbriche della piana del Po, utilizzammo in quegli anni. Noi intervenivamo, accompagnando gruppi di operai con i quali vivevamo […] Si studiava insieme che cosa avveniva dentro la fabbrica, quali erano i rapporti di comando che venivano subiti per comprendere bene quali erano i momenti in cui sarebbe stato possibile ribellarsi, insieme a chi lavorava sulle catene di montaggio o sulle grandi linee delle industrie chimiche”.

Una stagione di scioperi clamorosi e di analisi straordinarie che hanno consentito grandi avanzamenti, nella società e nel welfare. Analisi che si sono mosse dal lavoro di fabbrica al nuovo profilo dell’operaio sociale. 

Conclude Negri, emozionando: “Oggi sono qui ancora perché anche da vecchi possiamo ancora dire: “Forza compagni, andiamo avanti!”. E se qualcuno dovesse chiedermi che cosa consiglierebbe un Toni Negri vecchio a un Toni Negri giovane, ebbene io credo che gli consiglierebbe di fare ciò che hanno fatto i vecchi: ricomincia ad andare in mezzo ai compagni, ricomincia a studiare a scuola, all’università, ricomincia ad andare a vedere dove c’è il lavoro come è fatto, in termini di inchiesta innanzitutto, cioè di sapere, di conoscenza e poi di lotta, insieme a tutti i compagni. Poiché la lotta di liberazione si fa insieme alla gente che soffre di più. E noi siamo la gente che soffre di più. E si fa nel lavoro e si fa per liberarsi dalle catene. Sempre, ieri come oggi. E oggi, scusatemi se aggiungo questa ultima cosa, liberandoci anche dalle catene della guerra. Perché la guerra è l’ultima cosa che il capitale è capace di fare. È capace di distruggere anche se stesso per tenerci sotto il suo tallone. Dunque inchiesta per liberarci dal lavoro ma soprattutto, anche e sempre, per conquistare la pace”. 

Parigi, 7 marzo 2022

 

https://www.youtube.com/watch?v=qef6M2mYoFA&t=145s

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