di Gian Filippo Della Croce

PERUGIA - Ma dove sono finiti i cittadini? Dove è finita questa categoria sociale che ha da sempre rappresentato il centro della democrazia? Quale ruolo gli viene assegnato oggi ? Il consenso e la fiducia dei cittadini in regime democratico dovrebbero rappresentare l’unico obiettivo dell’azione di un governo democratico impegnato prima di tutto a rappresentarne esigenze e necessità. Ma non è così, o almeno non lo è più da qualche tempo perché il consenso e la fiducia che l’attuale governo italiano ricerca non è più quello dei cittadini ma dei “mercati”, espressione alquanto virtuale che risulta anche comoda per una elusione di quei principi della rappresentanza che la democrazia comporta.

E’ meglio quindi nell’attuale temperie scatenata da una crisi economica senza precedenti, rivolgersi ad entità virtuali come i mercati, inconoscibili e imperscrutabili, entità indefinite che fanno tremendamente comodo a chi dovendo rendere in qualche modo conto del proprio operato li indica come responsabili di tutto ciò che accade e che va a colpire gli innominati cittadini, dei quali ovviamente è meglio tacere, facendoli così scomparire dal quotidiano linguaggio governativo. Questo è un dato di fatto così concreto che il ministro del lavoro si è addirittura dimenticato di qualcosa come circa quattrocentomila cittadini-lavoratori, esodati. Ma da dove sono usciti? Si sta domandando tuttora il ministro: Ma esistono veramente? Che problema questi cittadini, con le loro esigenze reali. Meglio farli scomparire, meglio trovarsi altri interlocutori più comodi: i mercati appunto, che possono benissimo rappresentare tutto e il contrario di tutto e non hanno nome ne indirizzo. La scomparsa dei cittadini dal linguaggio governativo, per la verità ha contagiato tutto il mondo della politica nostrana, tanto che adesso anche noti avversari del capitalismo utilizzano ormai con assidua frequenza la parola una volta impronunciabile: Mercati. Una frequenza che a sinistra ha un significato particolare perché sa tanto di riconversione, ma anche tanto di confusione, ma pure di assuefazione e quando c’è, l’assuefazione crea dipendenza.

Missing, desaparecidos, enconnues, i cittadini stanno sparendo ovunque in Europa , alla fine, se mai ci sarà una fine vera dell’attuale tempesta finanziaria, probabilmente saranno definitivamente scomparsi dalla scena democratica e il loro posto al centro del sistema democratico verrà ovviamente preso dai mercati. Evoluzione o involuzione della democrazia? Il problema (drammatico) è questo, tanto più angosciante in quanto al momento attuale mancano le idee e gli idealisti, manca, in altri termini la cultura politica, senza la quale la politica stessa diventa sterile. Esiste un’alternativa? Forse occorre mettere in discussione quello che ci viene presentato come un possibile approdo alla attuale deriva economica e politica, un’altra di quelle espressioni oggi particolarmente abusate, uscite fuori dal cilindro della tecnocrazia: “la crescita”, indicata come condizione irrinunciabile di sviluppo e benessere, una specie di “araba fenice” di cui si narra mentre nello stesso tempo viene cantato l’elogio della povertà, del “non potrà più essere come prima”, del “dovremo abituarci ad essere più poveri”. A chi si parla? Ai cittadini ovviamente, ma senza nominarli, perché altrimenti costoro potrebbero pensare di esistere veramente e a questo punto potrebbero reclamare i loro diritti. Ritroviamoli i cittadini, facciamo presto, la politica si dia da fare, soprattutto a sinistra laddove tutto questo potrebbe significarne la fine, cioè per dirla con il compianto Edmondo Berselli “ si ha l’impressione che la sinistra si trovi al tramonto, anche là dove governa o potrebbe governare”.
 

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