Pietro Ingrao a Terni 10 febbraio 1978 - Il comunista che voleva la luna - Tratto dalla pagina Facebook di Articolo Uno Città di Castello

Sono passati 42 anni da quando Pietro Ingrao, Presidente della Camera, va a Terni invitato dal Consiglio di fabbrica delle Acciaierie. Evento oggi improponibile. Oggi una cultura segnata dall’individualismo, dall’autoreferenzialità, dalla supponenza, dall’arroganza e dal populismo ha rottamato valori, tradizioni e protagonisti. A cominciare dai partiti storici della sinistra. Uno sguardo, anche superficiale, sul panorama politico italiano rivela il fallimento dei protagonisti di questa “rottamazione”: dal Veltroni del Lingotto, al Renzi dell’attacco alla Costituzione, dagli anticasta che si fanno casta agli estremisti della sinistra radicale litigiosi e divisivi. A parole tutti affermano di voler partecipare alla costruzione di un nuovo partito della sinistra ma senza una storia, a radici a cui riferirsi non si ricostruisce una partito di sinistra, popolare e dei lavoratori. Il discorso di Ingrao a Terni è una lezione di contenuti e di stile: non cede mai al populismo, ancor meno all’antipolitica ma si rivolge con rispetto umano e intellettuale ai lavoratori in carne ed ossa e li fa sentire protagonisti delle istituzioni democratiche e della lotta per il cambiamento della società sulla base dei principi della Costituzione..Un discorso che dopo 42 anni ancora merita di essere letto e riletto, meditato e persino memorizzato in alcuni passaggi, se si vuole capire i motivi per cui nel 1978 gli operai delle acciaierie votavano Pci e invitavano Pietro Ingrao e oggi i loro figli e nipoti votano Lega; se si vuol svolgere ruoli politici per una sinistra che ha bisogno di ritrovare il suo popolo e per un popolo che ha bisogno di ritrovare il suo partito. C’è il dovere della memoria per ogni Cittadino: questa è certamente una pagina storica da ricordare per chi vuol portare un suo contributo alla costruzione di un nuovo partito della sinistra, moderno ma con radici profonde. E non è certo un caso che per i funerali di Pietro Ingrao sulla bara era deposta la sciarpa rossa di don Gallo regalata come omaggio da Vauro e un giubbotto e un casco delle Acciaierie di Terni.
Da Discorso alle Acciaierie di Terni - 10 febbraio 1978( 30 anni della Costituzione)
Credo che sia la prima volta nella storia d'Italia che un presidente della Camera dei deputati, su invito del Consiglio di fabbrica, viene a parlare della Costituzione della Repubblica dentro il grande capannone di un complesso siderurgico. (...) Credo ci sia una ragione di questa innovazione. Io parlo a gente non lontana dalla Carta costituzionale, non estranea, parlo a gente che sta alla radice delle norme solenni scritte in quella Carta; parlo a "fondatori", a "costituenti" (...) In questo legame profondo tra le parole, le norme della Costituzione e le masse operaie del nostro paese, riconosciuto da ogni storico serio, si esprime un fatto ancora più profondo, un travaglio, un cammino che ha visto via via il mondo operaio, più in generale il mondo del lavoro prendere nelle proprie mani, sempre con maggiore consapevolezza e portare avanti la rivendicazione, la bandiera della libertà, dei diritti civili, dello sviluppo del regime democratico(...)
La Costituzione ha parlato di una libertà che doveva essere costruita, ha detto che per votare e pensare bisognava che l'operaio potesse partecipare al sapere, alla cultura, all'istruzione e che la scuola fosse aperta a lui. (...) Domandava perciò grandi riforme strutturali, non si fermava solo a vedere come doveva essere organizzato lo Stato e il Parlamento e le leggi elettorali, ma voleva che lo Stato mettesse l'occhio nel modo in cui era organizzata la produzione e domandava perciò –ecco la grande novità – una programmazione, una capacità dello Stato repubblicano di saper realizzare l'uso sociale della proprietà, ma contemporaneamente domandava che questo diritto di proprietà non venisse usato contro l'interesse generale. (...) Erano solo promesse, parole al vento? No, è stato importante che quelle parole fossero state scritte, ricordatevi che furono importanti anche quando non furono realizzate, anche quando venivano calpestate (...) consentì a voi di dire a chi faceva il sopruso: la Costituzione sta dalla mia parte (...) non dimentichiamo che abbiamo potuto dare vita a quella carta importante rappresentata dallo Statuto dei lavoratori, che ha accompagnato tante lotte vostre ed ha dato il quadro in cui lo stesso consiglio di fabbrica poteva realizzarsi, perché abbiamo potuto dire che era concorde alla legge fondamentale dello Stato. (...) Questa maturità della classe operaia la intendano coloro che hanno le levi fondamentali del grande padronato e ciò non deve consentire a nessuno libertà di licenziare come e quando vuole (...) Mai di fronte a questa storia e a questo passato, di fronte a questa classe operaia può essere consentito che vengano compiuti atti arroganti e unilaterali. Non c'è uno solo in questo paese che possa pensare di decidere da solo, dall'alto, queste questioni e comandare dicendo:io faccio così. Questo potrebbe produrre solo lacerazioni difficili e allora pagherebbe tutta l'economia.
Noi ci auguriamo che forze responsabili comprendano come non sia possibile discutere ciò che deve essere discusso, risanare ciò che deve essere risanato –e noi vogliamo che sia risanato- senza tenere conto della volontà, dei diritti, del dialogo necessario, del metodo che domanda la classe operaia. (...)
Ho tenuto questa assemblea in un capannone e se la paragono non solo fisicamente, all'assemblea cui partecipo a Montecitorio, seduto sul mio seggio, come sono diverse, l'aria, i volti, le esperienze! Forse abbiamo bisogno tutti di intrecciare queste assemblee, ne abbiamo bisogno noi che stiamo là per ascoltarvi, per capire cosa volete voi che siete presidio della democrazia, per non restare lontani, isolati. (...)
Io domando che noi dialoghiamo, convinto che non che mi verrete a portare soltanto la vostra protesta. Penso ad un dialogo in cui si possa discutere insieme problemi gravi, difficili e complicati. Voi mi raccontate delle vostre difficoltà e dei vostri problemi ed anch'io vorrei raccontarvi delle mie difficoltà, dei miei problemi a far funzionare in modo moderno e nuovo questo Parlamento e questo Stato.
 

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