Commissione Antimafia: "In Umbria infiltrazioni certe in riciclaggio"

PERUGIA - Il Consiglio regionale, a voti unanimi, ha preso atto dei risultati della indagine conoscitiva sulle infiltrazioni mafiose in Umbria, condotta per quasi due anni dalla omonima Commissione, presieduta da Paolo Bruti, e della quale fanno parte Gianluca Cirignoni (Lega Nord) vice presidente; Maria Rosi (Pdl), Andrea Smacchi (Pd) Damiano Stufara (Prc-Fds).
Dalla relazione finale emerge un'Umbria che, al pari di altre realtà regionali, è territorio ambito dalle organizzazioni criminali di stampa mafioso che si sono già insediate in modo clandestino nel territorio, sopratutto quello perugino, facendo affari nei settori del riciclaggio di denaro sporco, degli appalti e del narcotraffico, senza per questo creare situazioni di dominio o di controllo totale del territorio che resta tipico di alcune aree del sud Italia.
La relazione, la cui approvazione coincide significativamente con l'altra decisione dell'Aula di unificare in un unico organismo di indagine anche la cosiddetta Commissione antidroga presieduta da Luca Barberini, ha messo in evidenza il rischio di sottovalutazione del fenomeno infiltrazioni mafiose da parte di istituzioni, partiti ed operatori in particolare dei settori finanziario e del comparto edilizio.
Illustrando i risultasti conseguiti al termine di quasi due anni di attività di nove audizioni con forze dell'ordine, associazioni di categoria, Camere di Commercio, organizzazioni sindacali, e di due incontri con i Comitati per l'ordine e la sicurezza attivi nelle due Prefetture di Perugia e Terni, il presidente Paolo Brutti ha messo in particolare evidenza i settori in cui più opera la malavita, evidenziando quello predominante del riciclaggio di denaro sporco che in Umbria coinvolge enormi quantità di denaro liquido proveniente da traffico di droga, armi ed esseri umani (prostituzione) e delle acquisizioni di attività economiche ad alto tenore di denaro liquido di provenienza illecita.
A proposito di fenomeni mafiosi, Brutti ha evidenziato un alto livello di infiltrazioni soprattutto nell'area urbana della città di Perugia, con presenze della 'ndrangheta, e a seguito dei fatti dell'Apogeo di di camorra, con alcune evidenze anche a Terni. “Situazioni ormai evidenti che contrastano con l'atteggiamento di sottovalutazioni di quanti, in assenza di comprovati fenomeni di radicamento, assumono un atteggiamento di sottovalutazione del fenomeno, ritenendole a torto episodi isolati”. Brutti ha insistito sul settore edilizio in cui si opera con appalti ai massimi ribassi per le opere pubbliche e sui quali non si esercitano controlli che, invece, devono essere estesi anche agli appalti tra privati, inserendo l'obbligo per gli operatori del settore immobiliare (notai, avvocati e banche) di segnalare fenomeni sospetti. Molto spazio dedicato alla situazione del narcotraffico, specie nella zona urbana perugina, dove operano mafie alloctone di albanesi, nigeriani e magrebini. “Perugia è al centro di una rete di smercio che copre un’area molto più vasta della regione. La provenienza dei morti per overdose, in numero eccezionalmente elevato, indica che la dimensione del fenomeno abbraccia anche le regioni vicine. A ciò è risultato funzionale, ha aggiunto Brutti, il permesso di adibire ad alloggi degli spazi che non avevano questa destinazione d'uso, il proliferare di attività commerciali di copertura e la mancata vigilanza dei manufatti edili abbandonati, sia nel centro che nelle zone più agricole”.
Fra le soluzioni indicate da Brutti che ha lamentato la marginalità del dibattito pubblico su questi temi, figurano la piena attuazione del decreto legislativo 231 del 2007 che obbliga la segnalazione delle transazioni finanziarie sospette. In Umbria, ha ricordato, negli anni 2010-11 sono pervenute126 segnalazioni, ma nessuna di esse ha prodotto effetti; e la proposta alle autorità giudiziarie, “di adottare, per le organizzazioni dedite allo spaccio con modalità di stampo mafioso, le stesse misure previste dall'articolo 416 bis”.
Subito dopo la relazione ha preso la parola il consigliere Franco Zaffini (Fare Italia) che ha detto: “Quella illustrata da Brutti è una relazione di qualità: non posso dire la stessa cosa invece sul lavoro portato avanti dalla Commissione così detta 'Antidroga', che, nonostante l'impegno del presidente Barberini, non è riuscita a portare avanti il lavoro necessario per rispondere ai fenomeni legati alla tossicodipendenza. L'unificazione delle due Commissioni è avvenuta su una mal riposta spinta popolare, che reputo irrazionale. Voglio precisare che la nostra partecipazione a più Commissioni non comporta aggiunte alla nostra indennità economica. Bisogna far sapere che il nostro regolamento prevede detrazioni delle indennità per chi non partecipa alle Commissioni e non aumento se la partecipazione è prevista per più organismi. Con le due Commissioni unificate raccomando di fare attenzione ai fenomeni correlati alla tossicodipendenza, i quali non sono completamente attinenti alla malavita organizzata, che rappresenta tuttavia una parte consistente. Il fenomeno della tossicodipendenza attiene anche al settore sanitario, sociale, della sicurezza, della scuola, sostanzialmente dell'educazione dei nostri ragazzi. L'auspicio è che entro il termine della legislatura dovremo essere in grado di produrre un intervento legislativo regionale di vero contrasto ai fenomeni della tossicodipendenza”.
COMMISSIONE SULLE INFILTRAZIONI MAFIOSE: Scheda
La Relazione della Commissione di inchiesta sulle “Infiltrazioni mafiose in Umbria, metodologia, di controllo e lotta alla criminalità organizzata”, illustrata in Consiglio regionale dal presidente Paolo Brutti, 26 pagine più due allegati, presenta la seguente situazione.
“Non si può parlare di penetrazione mafiosa in Umbria, intesa come controllo e dominio o controllo totale del territorio, con le forme classiche di organizzazioni per cosche e n'drine che non non è dato rintracciare in Umbria”; ma esiste una presenza, già segnalata dalla Dia, “di una criminalità che agisce nel contesto di finanziarizzazione delle economia”, con una netta diversificazione fra criminalità diffusa e criminalità di stampo mafioso”. E il fenomeno, “può interessare strati sociali elevati, professionalità delle attività forensi, commercialisti, notai e soprattutto personale dirigenziale del sistema bancario”.
La relazione, stilata al termine di nove audizioni, considerate dalla Commissione “strumento privilegiato di indagine” (con forze dell'ordine, associazioni di categoria, Camere di Commercio, organizzazioni sindacali, e di due incontri con i Comitati per l'ordine e la sicurezza attivi nelle due Prefetture di Perugia e Terni), solleva il problema della “sottovalutazione” del fenomeno infiltrazioni, evidenziando il rischio che questo aspetto, “rallenti la formazione di anticorpi sociali, abbassi la guardia, consentendo spazio e percorsi di infiltrazione compiuti dalle organizzazioni mafiose, senza incontrare resistenze e contrasti; fino a far maturare, nel tessuto sociale, forme di acquiescenza, di convivenza, di supporto e di servizio”.
In ragione di ciò l'Umbria “corre il rischio di essere un campo fertile in cui infiltrarsi, acquisire patrimoni, attività con forte flusso di cassa, per operare il riciclaggio dei proventi delle attività mafiose condotte in altre parti.
Cinque le questioni o “nodi problematici” oggetto dell'indagine della Commissione: 1) la diversificazione fra criminalità diffusa e organizzata di stampo mafioso. Nella prima agiscono soggetti stranieri, attivi nella distribuzione di droghe e in rapine: la seconda, di tipo mafioso, è riconducibile all'articolo 416bis del Codice; 2) il riciclaggio e reinvestimento, una vera e propria “zona grigia”, frutto di connivenze imprescindibili per la mafia, con reati difficili da dimostrare perché in un momento di crisi è più facile coinvolgere aziende in difficoltà, allettate da offerte di denaro e che spesso si lega all'usura, come alle attività dei “compro oro” e dei locali notturni; 3) la “tratta degli esseri umani”, (prostituzione) con l'Umbria che è destinataria delle vittime e che si esercita nei locali notturni ed in strada; 4) il trattamento dei rifiuti, per i quali l'Umbria considerata area a rischio. Ci sono stati alcuni allarmi scattati nel ternano, ma al momento non ci sono indagini e si ritiene più difficile lo smaltimento illegale di sostanze pericolose nei campi coltivati per assenza di agricoltura intensiva; 5) La Droga e il narcotraffico, con “la 'n'drangheta come principale operatore criminale del settore”, ma i cui traffici sono separati e riconducibili a soggetti stranieri (magrebini, nigeriani, albanesi), definiti dalla Dia organizzazioni “alloctone”. Questa realtà specifica “ha trovato albergo” in alcune aree della città di Perugia, favorita anche dal cambio di destinazione d'uso di alcuni locali trasformati in alloggi. L'esame dei settori si chiude con la constatazione della assoluta mancanza di un “sistema di intelligence” dei fenomeni criminali da affiancare a quello repressivo, già attivo sui territorio.
Sul fronte delle proposte, la Commissione individua 5 punti: 1) un ulteriore approfondimento dei temi, da condurre con l'esame sistematico delle relazioni annuali degli organi investigativi e giudiziari, e con nuove audizioni di alcuni dei rappresentanti incontrati, per acquisire informazioni e collegamenti dei diversi eventi “criminali” avvenuti dell'ultimo anno in Umbria, insistere sulla differenziazione tra prevenzione e repressione; 2) Formare ed informare la società umbra, con seminari e convegni, sul fenomeno mafia, considerato “ancora ai margini del dibattito pubblico, soprattutto di quello istituzionale” e del quale in alcuni casi si nega la la presenza; 3) Considerare il tema ritenuto centrale del “riciclaggio e reinvestimento” di denari sporchi, attuando in concreto “l'obbligo di segnalazione delle transazioni finanziarie sospette”; monitorare i “compro oro” e le imprese edili, in particolare nei settori dei subappalti. Fare prevenzione coinvolgendo gli enti locali nella vigilanza sulle variazioni di prezzo dei terreni edificabili, l'Agenzia delle entrate; stilare “protocolli di legalità; monitorare le “migrazioni femminili”; 4) Approfondire le tematiche nel settore smaltimento rifiuti, con controlli stringenti e con l'istituzione di un apposito registro regionale; 5) Proporre alle autorità giudiziarie di adottare, per le organizzazioni dedite allo spaccio con modalità di stampo mafioso, le stesse misure previste dall'articolo 416 bis.

Martedì
09/10/12
16:30
Finalmente sappiamo che l'Umbria, cito testualmenete "corre il rischio di essere un campo fertile in cui infiltrarsi, acquisire patrimoni, attività con forte flusso di cassa, per operare il riciclaggio dei proventi delle attività mafiose condotte in altre parti", per favore ditemi che ho letto male. Ma serviva la Commissione regionale per arrivare a questo? Ed il Consiglio vota compatto, e di cosa dobbiamo avere paura in Umbria!? I mafiosi sono avvertiti!!