di Sandro Roazzi

È senza dubbio l’analisi più “politica” della situazione italiana quella che il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, ha compiuto nelle sue tradizionali Considerazioni. Sotto accusa è la politica di corto raggio, che mal si associa ad un’Italia tuttora malmessa dopo una recessione che ha procurato danni maggiori di quelli degli anni ’30 e che tornerà al Pil del 2007 solo nei primi anni del prossimo decennio.

L’invito, esplicito ed insistito, è quello di guardare oltre il contingente, di agire con l’ambizione propria di chi vuol costruire un futuro migliore e non di chi si preoccupa solo di evitare di franare nel presente. L’impressione è che il governatore abbia voluto ammonire i partiti a non ripetere gli errori del passato, quando con l’avvicinarsi del tempo delle urne tutto era visto in chiave elettoralistica, con promesse e concessioni di tutti i tipi.

Sarebbe, sembra di capire, una via assai pericolosa per un Paese che vivacchia con un Pil attorno all’1%, che nella recessione ha avuto un salasso occupazionale, che ha un atavico ormai problema di produttività. Un Paese che ha - sottolinea Visco - due problemi da affrontare di petto: debito pubblico e crediti deteriorati nelle banche. Problemi, si badi bene, intrecciati fra di loro e che sono la vera zavorra che impedisce alla crescita di decollare sul serio.

Affrontare questi due temi vuol dire, è chiaro, uscire da bizantinismi e da giochi di finanza creativa. Sullo sfondo del resto c’è un’Europa che sta cambiando direzione di marcia e che prima o poi presenterà il conto se non si corre ai ripari.

Visco avverte anche che serve uno sforzo poderoso in termini di investimenti pubblici e sull’innovazione, agendo in particolare sulla composizione della spesa. Probabilmente è anche una critica non solo agli eccessi di liberismo, ma anche la via maestra per ricreare lavoro vero ed uscire dal ginepraio di misure improvvisate ed…invenzioni degli ultimi anni.

Insomma, ci vuole “uno sforzo eccezionale”, nel quale si misura la capacità della politica di porre in essere strategie lungimiranti, si mette al centro della attenzione generale il lavoro, si procede nell’opera virtuosa di far scendere il debito e accumulare avanzi primari importanti (nell’ordine del 4%). Un programma di governo che è agli antipodi di un programma puramente elettorale.

Ad esso si aggiunge ovviamente la stima di manovre dell’ordine dell1,5% per tenere i conti in ordine e per evitare la manovra sull’Iva che penalizzerebbe il mercato interno.

Questa volta Bankitalia parla alla politica in modo quanto mai diretto. E lo fa ribadendo che l’opzione europea non va messa in discussione. Al tempo stesso è però anche l’ammissione di una certa debolezza mostrata negli ultimi anni sia nella comprensione di quello che stava accadendo, sia nell’atteggiamento tenuto sui problemi più spinosi, vedi quelli del sistema bancario. Abbiamo fatto il possibile, lo sforzo è stato massimo, si difende Visco. Ma questa difesa d’ufficio appare perfino un po’ scontata. Resta il messaggio ‘forte’: l’Italia deve alzare il tiro delle sue scelte e decisioni. Ed in questa valutazione non c’è alcun pessimismo, ce la si può fare. E su di esso fare le orecchie da mercante da parte dei partiti sarebbe davvero un errore imperdonabile.  

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