di Damiano Stufara, Presidente Gruppo Regionale Rifondazione Comunista per la Federazione della Sinistra - 
 

TERNI - La portata della decisione dei giudici della Corte di Assise di Torino rispetto al rogo della Thyssen non può essere in nessun modo sottovalutata o disconosciuta, in quanto permette finalmente di costituire un deterrente certo ed efficace verso chi risparmia sulla pelle dei lavoratori.

Introducendo per la prima volta il dolo si afferma infatti che questo come altri incidenti sono determinati da comportamenti imputabili a norma di legge e non da una mere eventualità, derubricabili come omicidio colposo senza che nessuno ne risponda penalmente; adesso sarebbe opportuno fare in modo che il dolo eventuale, imputabile solo alle persone fisiche come l’ex amministratore delegato Espenhahn, divenga ascrivibile alle stesse aziende.

Di fronte ad una sentenza che fa giurisprudenza, ribadendo il principio del “chi sbaglia paga”, non si può indulgere in posizioni miopi e assurdamente localistiche; è necessario piuttosto che la classe politica locale alzi gli occhi dal proprio ombelico e incalzi il mondo imprenditoriale locale e il governo sul terreno della proposta, lasciandosi alle spalle l’idea che per la competitività vadano sacrificate la sicurezza, la stabilità e la dignità del lavoro.

In particolare bisogna smetterla di paventare rivalse da parte della multinazionale rispetto al nostro territorio, come invece si è fatto a più voci durante il processo e addirittura dopo la sentenza; la verità è che la Thyssen Krupp, al pari di ogni azienda che non investe nella sicurezza, deve riabilitarsi sia sotto il profilo gestionale che sotto quello culturale, garantendo d’ora in avanti investimenti in grado di rendere sicuro il lavoro all’interno dei propri impianti e durevole l’insediamento produttivo nel territorio.

In questo senso è quanto mai urgente che il Governo nazionale dia la propria disponibilità a procedere all’aggiornamento del patto per il territorio, essenziale per la siderurgia ternana e indispensabile anche per la chimica, che dalla ridefinizione di questa misura può trarre un sostegno significativo nell’ottica della green economy; invece di sparare a zero sulla sentenza sarebbe auspicabile un impegno comune per il territorio al fine di definire un nuovo modello di sviluppo, dove sia il diritto e non il profitto a dettar le regole.
 

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