Si parla molto della fine delle ideologie, che ormai vengono accreditate al passato, figlie del secolo scorso, il “secolo breve”, ma che pare non finire mai.Eppure se ci guardiamo intorno con un po’ di attenzione non è proprio così. Nonostante siano state ufficialmente o meno messe in disparte o addirittura dichiarate defunte, le ideologie sotto varie forme e marchi sono ancora ben presenti fra noi. Tanto per fare un esempio: cos’è quella di Marchionne? E quella di Berlusconi? Ideologie appunto, legate la prima al mondo del lavoro e la seconda a quello della politica, ideologie belle e buone. Ma nel frattempo, a causa della imprudente e frettolosa dichiarazione di morte delle ideologie la politica, soprattutto a sinistra, ha altrettanto imprudentemente smantellato gli apparati organizzativi e culturali che servivano a contrastarle o a produrle. E’ stato un bene? Forse. Perché se oggi ideologia è considerata una brutta parola, nonostante tutto significa una visione del futuro, un progetto basato su un insieme di valori, che se viene a mancare, e lo vediamo ormai ogni giorno, la politica diventa soltanto la gestione dell’esistente. A sinistra, a causa di un revisionismo cannibalico è sfumata quella visione dell’avvenire , quella tensione ideale che ne caratterizzava la stessa natura , al suo posto l’identificazione con i poteri locali, quelli che nel “secolo breve” venivano chiamati il “sottogoverno”. E così all’ideologia si sono sostituite altre pratiche, magari più concrete ma non certo al riparo dai pericoli che oggi si incontrano su questa strada che si chiamano clientela, paternalismo, corruzione, malversazione, burocratismo, autoreferenzialismo , ma si chiamano anche buon governo, sempre che con la crisi attuale e i tagli alla finanza pubblica si riesca a garantire il servizio al cittadino e nello stesso tempo la quadratura dei conti. Intanto Marchionne e Berlusconi sfoderano orgogliosi le loro ideologie che vendono con molta abilità e grande successo alla cosiddetta società civile , cioè all’insieme degli italiani, “proletari “compresi, che ne accettano il verbo in mancanza di una alternativa vera. Ha ragione Landini, il segretario della FIOM,il referendum promosso da Marchionne non può essere accettato perché il suo risultato potrà essere influenzato dal quel “ricatto del lavoro” che oggi di fronte allo spettro di una disoccupazione senza speranza in molti hanno deciso di non vedere . Così Berlusconi combatte il “comunismo” (sic), con la sua ideologia populista e personalistica, che anche qui in mancanza di alternativa trova orecchi disposti all’ascolto.Questo vuol dire che gli operai FIAT voteranno SI al referendum e PdL alle elezioni politiche? E’ probabile anche se il “sogno” berlusconiano è ormai svanito e la FIAT è diventata una multinazionale americana. Autorevoli leader della sinistra come Veltroni ad esempio, dichiarano pubblicamente che “…è ora di ripensare il ruolo dei sindacati, che non possono limitarsi a organizzare i pensionati, devono riprendere la rappresentanza dell’interesse generale del Paese, in particolare dei meno tutelati e garantiti, a cominciare dall’esercito di milioni di precari…” (L’Espresso 14 Ottobre 2010). Nella stessa intervista a Veltroni viene anche posta la domanda se la svolta che occorre al Paese non è soltanto il pensionamento di Berlusconi ma anche quello della classe dirigente della sinistra, la risposta è la seguente : “ Non abbiamo mai detto di voler cambiare i dirigenti, volevamo cambiare la storia. Invito i giovani a fare lo stesso, sono le idee che fanno la leadership non il contrario. E poi vedo in giro tanti giovani vecchi, nuovi soltanto all’anagrafe.”
Appunto, ma le idee dove sono? Dove sono quelle nuove idee che dovevano sostituire la ormai “improponibile” ideologia? Su che cosa realmente il popolo della sinistra deve basare il suo dissenso? Alla FIAT i lavoratori attendono una risposta.

 

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