di Isabella Rossi - Aspettando Godot arriva Thom Pain e coinvolge lo spettatore nella sua spregiudicata operazione drammaturgica. Sono acrobazie all’ultimo respiro quelle in cui Elio Germano,- lo scorso fine settimana al Teatro Cucinelli di Solomeo con “Thom Pain. Basato sul niente” - trascina il pubblico in sala in poco più di un’ora di spettacolo.

Un bambino che pista il vomito e poi sviene. La storia d’amore di un adulto. Thom Pain racconta, alzando a brevi tratti il sipario sulla sua biografia. Evoca e poi distrugge, infrange e ricompone e quando sembra ormai fatta salta tutto con un “Boh!” urlato in platea. Non ci sono regole, se non quelle dettate da lui. Ed ogni mezzo è lecito.

Crudeltà e tenerezza. Innocenza e malizia. Cruda fisicità e malinconia. Sublime e pulp. Bruciante umanità e freddo cinismo. Distanze, di più. Dissociazioni che diventano principio e fine. Come i toni amabili, e senza punte di sarcasmo, del tutto dissociati dalsenso. Se questa è follia, allora lo è nella massima lucidità artistica. La stessa che dà vita ad una tensione drammatica sempre e comunque, anche quando a generarla è ironia verbale allo stato puro.

E’ ancora il principio d’opposizione a regnare sui sentieri disseminati di vuoti e pieni in cui si muove abilmente Thom Pain. Ma il suo vero obbiettivo non è raccontarsi, bensì diventare parte del pezzo riscritto ad ogni spettacolo. Ecco perché quando mira guarda in basso, al di là della quarta parete. E poi va. Con voli altissimi, cadute a picco e sconcertanti avvitamenti finali, mentre lunghi secondi di terrificante attesa richiedono ancora di riempire un altro vuoto, un frammento di niente altrimenti destinato all’oblio.

La brillante recitazione ed il multiforme talento di Germano - premiato l’anno scorso a Cannes come miglior attore ex aequo con Xavier Bardem – superano a pieni voti la sfida interpretativa del monologo scritto da Will Eno, un naturale banco di prova per ogni attore teatrale degno di questo nome.

 

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