“Le grandi potenzialità del torrione andrebbero indagate attraverso uno studio specifico che ricostruisca la storia e insieme ne prospetti gli sviluppi di marketing culturale”: è questo il primo passo da compiere per il sindaco di Città di Castello Luciano Bacchet-ta e l’assessore alla Cultura Rossella Cestini, che insieme hanno inaugurato il torrio-ne di via Gramsci, emerso insieme alle arcate delle mura cinquecentesche nel corso di alcuni lavori di recupero.
Marco Ronchi, proprietario del complesso, parla con entusiasmo dei manufatti “che sono affiorati per sottrazione. A mano a mano che toglievamo la terra di riporto con cui erano stati tamponati e coperti, si schiudeva una geometria molto diversa dalle cantine a cunicolo in cui era divisa inizialmente la superficie. Nessuno aveva memoria di che cosa fosse stato quel luogo prima dell’Ottocento quando il torrione, che allora faceva ancora parte del perimetro delle mura, venne inglobato nell’edificio e sparì.
Dei tre avamposti di collegamento sul lato della cinta cittadina parallelo a via Gramsci, è rimasto libero soltanto l’ultimo, all’altezza di via Sant’Antonio. Eppure la toponomasti-ca ci viene in aiuto con via “Torrione della botte”, posta a ridosso del nostro torrione, a conferma dell’importanza e dell’ingombro che doveva occupare nel sistema viario. L’edificazione è stata collocata nel XII°, coeva all’omologo di San Giacomo rispetto al quale ha un raggio maggiore. Intorno al torrione sono emerse le arcate delle mura del XVI e quindi la stratificazione dell’Ottocento. Quando apparteneva alla pertinenza della famiglia Mignini, proprietaria dell’omonimo palazzo di Corso Vittorio Emanuele, il tor-rione era coperto da un giardino pensile, ancora osservabile nelle foto dei primi del No-vecento. Lo spazio sottostante veniva utilizzato come dispensa ed aveva un cunicolo che lo collegava alla dimora del Corso. Così rimase fino a quando non lo acquistai. Presto mi accorsi che nascondeva ben altro nelle suffettazioni. Insieme alla Soprinten-denza, in anni di lavoro, siano riusciti a restituire la sua fisionomia originaria a questo segmento di vecchie mura e presto, per mantenere una prospettiva storica, ripristine-remo, con gli arredi originari anche il giardino, il cui piano d’appoggio costituisce il tetto attuale del torrione”.
Che fare dei quasi mille metri calpestabili con vista sulle mura cinquecentesche? Una prima risposta è stata data nel corso dell’inaugurazione con l’esposizione di opere rea-lizzate dagli artisti locali Alessio Actuni, Luciano Besi e Giampaolo Tomassetti e le strenne di Natale dell’associazione La palestra delle emozioni. Inoltre la struttura, che rimarrà aperta per le visite al pubblico nei giorni di Natale, è stata inserita nel percorso dei presepi con una natività meccanica ed innevata di grande effetto e costituirà una tappa delle uscite alla scoperta della città, organizzate dalla Pinacoteca.
“Il torrione è una risorsa storica e turistica per il territorio” proseguono Bacchetta e la Cestini, sottolineando come “sia importante individuare filoni di utilizzo, compatibile con la destinazione museale che sembra avere naturalmente il luogo. Salvaguardando la visibilità delle evenienze medievali e rinascimentali, la struttura può divenire un punto di riferimento per l’attività delle associazioni, impegnate nel teatro, nella musica e nelle arti visuali. Allo stesso tempo dobbiamo pensare in modo organico, contestualizzando il torrione nel sistema dei beni architettonici della città e dei luoghi a rilevanza culturale. Oltre al lavoro su piani diversificati, l’imponenza dei ritrovamenti riteniamo debba esse-re oggetto di un approfondimento specifico, in grado di valorizzare appieno destinazioni ed eventuali progetti futuri”.
CDCNOT10/14/12/SIN103/SSC

 

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