di Agnese Cupido

 

PERUGIA - Nella giornata di chiusura del Festival Internazionale del Giornalismo, la Sala dei Notari ospita Andrea Scanzi (Il Fatto Quotidiano), nella solita veste di giornalista/intervistatore, e Lilli Gruber (Otto e mezzo LA7), che stavolta si trova a stare dall'altra parte, ossia nel ruolo di scrittrice/intervistata. La sala gremita aspetta la presentazione del suo ultimo libro: “Eredità”.
Nell'arco di più o meno un'ora e mezza, Lilli Gruber riesce a farci vivere due storie parallele. La storia propriamente detta, ripercorrendo gli anni della prima guerra mondiale, dell'annessione del Sudtirolo al Regno d'Italia, del fascismo, gli anni della repressione verso le minoranze linguistiche, il nazismo e via discorrendo fino ai tempi più recenti. In più la storia di una vita vissuta, quella della bisnonna Rosa Tiefenthaler, ricostruita grazie al ritrovamento del diario segreto di lei negli archivi di famiglia . Rosa è una donna benestante, di una cultura fieramente tedesca, colta e ostinata, che però si scoprirà troppo fragile per sopportare le scelte della figlia minore, Hella. Quest'ultima ostinata quanto la madre, porterà avanti con fermezza la sua scelta di aderire e militare nel nazismo, nonostante questa esperienza le costerà il carcere e cinque anni di confino in Calabria, sotto gli  occhi stanchi e sofferenti della madre.

Due figure di donna importanti, quindi, verso le quali l'autrice prova sentimenti contrastanti. Difficile coniugare l'affetto che ovviamente si prova verso una bisnonna o una zia, con la consapevolezza che quella stessa bisnonna e quella stessa zia sono state così vicine al nazismo, rendendosi in qualche modo complici di tanti errori ed orrori. Una difficoltà che la Gruber avvertiva già da piccola, quando ancora in Sudtirolo, cercava di capire e chiedeva ai suoi parenti che cosa li avesse spinti a tali scelte, ma loro rispondevano frettolosamente che i giovani non potevano capire, che in realtà non c'era altra strada se non quella del consenso.
Piano piano si arriva ai tempi più recenti e l'autrice ricorda l'anno del censimento, 1981, quando le fu chiesto -a lei e a tutti i cittadini dell'Alto Adige-, a quale gruppo etnico aderire tra il tedesco, l'italiano e il ladino. Ora tocca a lei scegliere, così come sotto il fascismo era toccato a Rosa. Ora è lei, quella cresciuta con una cultura tedesca che sceglie di restare fedele alle origini e appartenere alla minoranza tedesca, così come scelse Rosa. Ora è lei a essere combattuta e in un certo senso insoddisfatta della scelta fatta, come se questa cozzasse con l'educazione che aveva ricevuto, un'educazione aperta all'altro, alla diversità -e proprio a questo scopo era volto il suo giornalismo negli anni del Sudtirolo, a creare un ponte tra realtà diverse e superare le barriere dei nazionalismi-.

Due donne molto simili, dunque, l'autrice e la protagonista. Una similarità forse inaspettata e che ha spinto maggiormente l'autrice ad accantonare per un attimo viaggi, reportage, racconti di guerre e a parlarci invece di lei, facendo tesoro della sua eredità.

 

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