di Agnese Cupido

 

PERUGIA - Il workshop di oggi, alla Sala Lippi, ha visto riuniti Lucio Battistotti (direttore Commissione europea – Rappresentanza in Italia), Andrea Bollini (docente dell'Università degli Studi di Perugia), nel ruolo di moderatrice Tonia Mastrobuoni (La Stampa), Carmen Nettis (Eures), Lorenzo Robustelli (EU News) e Luca Visentini (segretario generale Confederazione dei Sindacati Europei), per parlare della situazione del mercato del lavoro per i giovani, in particolare nel Sud dell'Unione Europea.

Tanta la carne al fuoco, tante le domande, tante le proposte, poca la concretezza. 
Si è parlato di austerità e modello tedesco, cause scatenanti di un tasso di disoccupazione che arriva al 37%; di riforme urgenti soprattutto nel sistema monetario, di modelli giusti (i paesi scandinavi, per esempio) e sbagliati (lo stesso modello tedesco, al quale invece si guarda con tanta ammirazione), ma a soluzioni concrete sembra difficile arrivare. La causa? La crisi. Un paese dalle strutture fragili, come l'Italia (ma anche come la Spagna o il Portogallo), non ha la forza per sostenere riforme che richiedono ingenti risorse. A questo punto, la polemica arriva proprio dalla Mastrobuoni, che senza mezzi termini chiede perché, di fronte a un problema per niente nuovo, ma che esiste da anni e continua a crescere drammaticamente, le priorità di governi e sindacati sono sempre altre (l'Imu, per esempio) e non quelle veramente urgenti (gli ammortizzatori sociali, per esempio). La risposta? La crisi. Riforme troppo costose da poter avviare ora.

Ci sono, però, delle proposte. L'Eures (Servizi europei per l'impiego) cerca la collaborazione con altri paesi europei, per cercare di coprire i cosiddetti “colli di bottiglia”, ossia quelle professionalità che non trovano un giusto equilibrio tra domanda e offerta di lavoro. In questo modo si orientano i giovani verso la mobilità (solo il 2% si sposta dal paese di origine), spronandoli a superare le frontiere linguistiche e i vincoli culturali legati alla paura per stili di vita troppo diversi dai propri -questi infatti, sarebbero i fattori avvertiti dai giovani come maggiori ostacoli-. 
Altra soluzione possibile è quella di far leva su apprendistati, esperienze Erasmus per studenti e per lavoratori, su un maggiore dialogo tra mondo della scuola e mondo delle imprese, tutti strumenti sui quali la stessa Commissione Europea dovrebbe investire di più, ma sembra restia a farlo.
Si è parlato poi di riforma del sistema monetario, guardando al modello statunitense; di un rilancio del manifatturiero, su modello tedesco; di creare per i giovani delle possibilità di auto-impiego; della necessità di attivare un ricambio generazionale forzato, per cui a una certa soglia di età bisognerebbe necessariamente lasciare il posto ai nuovi venuti.

Consapevolezza del problema, a quanto pare c'è, e si tratta -come afferma Robustelli- di un problema non solo a livello di politiche giovanili, di categoria, ma sociale. La domanda è sola una: se l'idea di provvedere a riforme che richiedono grandi investimenti si deve accantonare, se una visione condivisa sulla strada da intraprendere in futuro manca alla stessa Commissione Europea -stando a ciò che ci riferisce lo stesso Battistotti-, se la situazione dei paesi sud-europei è sempre più disastrosa, allora posto per i giovani c'è? Se sì, dove?

Condividi