Vittorio Zucconi e le sorelle Biagi ci raccontano di un certo Enzo Biagi
di Agnese Cupido
PERUGIA - La Sala dei Notari quest'oggi pomeriggio ha ospitato Vittorio Zucconi (La Repubblica), Carla Biagi e Bice Biagi, per raccontare di un grande giornalista, ma soprattutto di un grande uomo: Enzo Biagi. Un uomo che, ricorda Zucconi, è appartenuto a quella generazione che ha attraversato la parola di un intero secolo, che ha partecipato a un passaggio culturale, morale e politico, quello dal fascismo, non tanto come ideologia, ma piuttosto come malattia, paura della libertà, alla libertà recuperata. Un passaggio che inevitabilmente ha segnato la vita di chi l'ha vissuto, tanto nella sfera privata, quanto in quella professionale.
Lungi dal volere santificare la figura di Enzo Biagi, i tre ospiti hanno raccontato la sua persona, pregi e difetti compresi, ponendo una particolare attenzione alla figura del giornalista, comunque per niente distante da quella di uomo nel quotidiano. L'umiltà che lo caratterizzava nei rapporti umani, infatti, si ritrova nei suoi articoli, con quella scrittura semplice e immediata, alla base di quel tipo di giornalismo comunicativo che egli voleva proporre. In ogni suo articolo non si trovava tanto l'opinione, piuttosto il racconto, nella consapevolezza che dietro a ogni evento ci sono persone, luoghi, storie, che lo hanno scaturito e che aspettano di essere raccontati.
Alla domanda che spesso viene posta alle figlie, ossia “Cosa scriverebbe oggi Enzo Biagi? Cosa penserebbe?”, esse rispondono che non sarebbe difficile immaginarlo, perché l'Enzo Biagi di oggi, come quello di allora, sarebbe angosciato dalle difficoltà economiche che stroncano le famiglie italiane, dalla mancanza di un lavoro per i giovani, dal nichilismo, da certi atteggiamenti assunti da certi movimenti e partiti politici, dall'umiliazione che spesso subiscono persone invece meritevoli di stima -stessa umiliazione che toccò a lui, tra l'altro-.
Un lavoratore instancabile, permaloso e spesso troppo sicuro di se', saldo nei suoi principi e convinto in certi valori, come quello della libertà. Nonostante l'allontanamento da molte testate durante la sua carriera e il conclusivo Editto Bulgaro -un colpo troppo duro per un uomo già anziano- Biagi esercitò sempre appieno il suo diritto di poter scrivere liberamente e lo esercitava scrivendo le storie della gente, denunciando, testimoniando. Egli scriveva per parlare con le persone attraverso la carta e per ricordare, soprattutto ai giovani, di riporre speranza nel futuro.
Oggi questo compito è portato avanti dalle due figlie, decise a impegnarsi affinché anche coloro che non lo hanno conosciuto, possano usufruire del lavoro svolto da loro padre, nella convinzione che un giornalismo con la “schiena dritta”, non disposto a piegarsi alle logiche del potere, esista ancora e sia ancora possibile.

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