di Agnese Cupido

 

PERUGIA - Al Festival del Giornalismo si torna a parlare di social media, grandi protagonisti dell'incontro di oggi pomeriggio tenutosi presso la Sala del Dottorato, infatti, sono proprio loro, in particolare i social network più attivi finora: Facebook e Twitter. Apre il dibattito Vincenzo Cosenza (social media strategist e responsabile della sede romana di Blogmeter.it), per lasciare poi la parola a Daniele Belasio (social editor di Il Sole 24 Ore), Raffaella Menichini (La Repubblica), Marta Serafini (Il Corriere della Sera) e Peter Gomez (direttore di ilfattoquotidiano.it).

Cosenza ci offre una serie di grafici e di dati, frutto di una ricerca durata tre mesi, che ci fanno capire come negli ultimi anni cresca sempre di più l'attenzione da parte delle testate -di spicco e non solo- nei confronti dei social media e in particolare di Facebook, che invece inizialmente sembrava essere tenuto di poco conto. Inizia allora, tra i vari quotidiani, la corsa agli engagements, ai followers, ai tweet e re-tweet, ai “mi piace” e alle condivisioni. Tuttavia, nonostante gli sforzi, sembra che ancora queste grandi testate non sappiano adoperare appieno i ferri del mestiere e, anziché far leva su foto o altri strumenti più avvincenti, preferiscono non snaturare la testata solo per qualche click in più.

Gli scopi per cui i quotidiani si sono avvicinati ai networks - oltre a quello più ovvio e comune a tutti, ossia indirizzare l'utente verso il sito ufficiale della testata – sono molteplici. Bellasio, ad esempio, afferma che il loro scopo è quello di tirare fuori il giornalista, di sganciarlo dalla formalità che un quotidiano come il Sole 24 Ore richiede. La Menichini, invece, afferma che per Repubblica è importante ribadire attraverso il web il carattere comunitario, di condivisione proprio del quotidiano. Al centro dell'attenzione del Corriere è il lettore, che attraverso il network può avere parte attiva nella costruzione della notizia, inviando egli stesso testimonianze e condividendo in tempo reale l'evento. Altro caso è quello del Fatto Quotidiano che, invece, vede nel web la possibilità di un tipo di informazione alternativo, un luogo dove poter dire ciò che la carta stampata tende a tacere; oppure un modo di procedere dal particolare all'universale, spesso, infatti, giungono in redazioni notizie di stampo locale dalle quali si possono trarre considerazioni più generali, che riguardano l'intero Paese.

I rischi non mancano. È necessario innanzitutto non rincorrere l'audience a discapito dell'autorevolezza, controllare il flusso di notizie garantendo la veridicità, moderare i toni di commenti e post per non sfociare nella volgarità. Non mancano neppure gli ostacoli. L'Italia, infatti, sembra essere ancora molto indietro in tema di Internet e banda larga e questo non mette in condizione di poter adoperare al meglio i vantaggi che i social media potrebbero apportare.

Tuttavia, ottimismo e impegno non mancano e forse, come auspica lo stesso Bellasio, tra qualche anno la notizia anziché viaggiare dalla carta al social, percorrerà il tragitto inverso, lasciando comunque alla carta ruolo di prestigio, diventando una sorta di “Best of” che ospiti solo notizie preziose.

 

 

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