Ilaria Graziano e Francesco Forni in concerto al Loop Cafè di Perugia
Guidata dalle sole voci e da un paio di chitarre acustiche Love sails ha l’anima dei migliori duetti di Mark Lanegan e Isobel Campbell, conservando l’accento swing di cui l’album è intriso.
Terza traccia è Cancion Mixteca un classico della tradizone messicana mariachi (il ritornello ti rimane in testa per almeno una giornata).
La musicalità che viene fuori dal testo di La strada è lo strumento aggiunto, merito di un’interprete d’esperienza come Ilaria Graziano. Il tempo, che incalza sempre più, ricorda una specie di sirtaki greco e ci regala in conclusione un assolo degno dell’inimitabile Django.
In Rosaspina, Forni racconta “la storia di un uomo che viene da lontano”. Un blues in E minor perfetto: la storia, la sua voce, lo slide metallico in open tuning sulle corde di quella che sembra essere una vecchia parlor. Rosso che manca di sera piccolo capolavoro che dà i brividi per la bellezza della voce e la sensibilità dell'interpretazione del’interprete.
Il manouche, portato in giro da chitarristi principalmente francesi o dei paesi bassi (vedi Lagrene, Debarre, Rosenberg), compare in un disco italiano come un miracolo. On y va è una perla più unica che rara. I cori della Graziano, la tecnica di Forni alla chitarra, il goliardico assolo di kazoo e il testo, un po’ in francese (come tradizione richiede) e un po’ in italiano, dimostra la tesi sulla magia del duo di fare suo un genere “antico” che non è neanche mai stato troppo nelle corde degli italiani.
Il dolcissimo duetto di Crying è la dimostrazione che, se si è disposti a rischiare, bastano due voci e una chitarra per toccare nel profondo.
Si potrebbe obiettare sia un facile espediente suonare qualcosa che è già magnifico in partenza come Be my husband di Andy Stroud (rifatta fra tanti anche da Nina Simone e Jeff Buckley), e Volver Volver di Vicente Fernandez, ma la loro bravura sta nel rendere l’album così old-style che brani originali e “cover” si confondono per magia e personalità di linguaggio. Il disco si chiude con Lenane’s Blues, una delle canzoni più belle dell’album. Un riuscitissimo tentativo di blues modale in cui Forni si supera, concludendo con un breve assolo che è un piacere per le orecchie.
Dicono di loro:
Federico Guglielmi – Il mucchio: “Un piccolo incanto, reso tale da interpretazioni di classe, dai chiaroscuri emozionali, dal gusto degli arrangiamenti, dal sentimento genuino che prorompe da ogni nota e parola”

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