Di Isabella Rossi

C’erano i tempi in cui l’Europa aveva ancora tutte le frontiere ma l’arte trovava porte aperte a Berlino come a Parigi soprattutto per un aspirante attore in partenza da Spello. Per tutti, poi, rincorrere un sogno ha da sempre avuto il suo prezzo. “Il punto debole le gambe. Il punto forte la testa”. E non importa se il cuore di una ballerina si è spezzato una sola volta. Tutto il resto del corpo ha subito continui stress.

Un lungo viaggio quello all’inseguimento di una musa. Ma quando ci si può sentire arrivati? Forse mai. Per fortuna che dopo tante ricerche e molte soddisfazioni capita di sentirsi, invece, “abbastanza in pace con me stesso, ma mi sarebbe piaciuto forse essere Chaplin”. Giovedì scorso al Teatro Subasio di Spello sono andati in scena l’attore, mimo e coreografo Giorgio Donati e la ballerina Isabelle Sévers. Due ritratti proposti da Déjà Donné e Teatro Stabile di Innovazione Fontemaggiore nel secondo appuntamento della rassegna di danza contemporanea Portrait series 2013. Un’operazione ad alto grado di intrattenimento ma anche una buona dose d’informazione. Su persona e personaggio e sul loro interagire. Suggestioni non sempre reperibili su richiesta, né tantomeno in rete. Perché una cosa è raccontarsi, un’altra è venire raccontati, estrapolati e ricontestualizzati in un nuovo habitat. Invece l’habitat originale è unico. E solo l’artista lo può ricreare. Ecco perché il ritratto d’artista può ben aspirare a forma d’arte autonoma. Anche, e soprattutto, quando alla biografia messa in scena (regia e coreografia sono di Simone Sandroni, scenografia/costumi di Lenka Flory), è lo stesso artista a contribuire. Ricreandolo con parole, gesti, musiche, ricordi e suggestioni. Miscele a volte comiche, altre tragiche. Spesso altamente esplosive ma quasi sempre inafferrabili. Perché i materiali per allestire un viaggio nel tempo e raccontare il fuori e dentro la scena se autentici sono sempre un unico.

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