di Elio Clero Bertoldi

PERUGIA - Tra qualche ora i cardinali della Chiesa Romana si riuniranno in conclave (dal latino: cum clavis, cioé chiusi a chiave) per eleggere il nuovo papa, dopo le dimissioni, che hanno suscitato tanto clamore anche tra i laici, di Benedetto XVI.

Ebbene la storia racconta che Perugia, dove tra il 1200 e i primi anni del 1300 furono eletti diversi papi (tra cui anche quello che trasferì la sede pontificale in Francia, ad Avignone) fu anche la città in cui venne nominato quale sommo pontefice Celestino V, al secolo Pier da Morrone, che è stato uno dei predecessori, nella rinuncia al trono papale, di Joseph Ratzinger.

Il conclave che sfociò nell'elezione dell'eremita Pietro da Morrone (un monte nelle vicinanze di Sulmona), già in fama di santità e comunque di una vita esemplarmente cristiana, anzi evangelica, si svolse a Perugia dal 4 aprile del 1292 (quando morì papa Nicolò IV, al secolo Girolamo Masci, primo pontefice venuto dalle fila dei francescani) fino al 5 luglio del 1294. Più di due anni di discussioni, di votazioni sempre vane. I cardinali non si mettevano d'accordo e alla fine, anche su pressione del partito filo-francese, si decise di uscire da questa strada senza sbocchi, votando il nome dell'eremita abruzzese. Una delegazione di cardinali da Perugia andò a raccogliere il suo formale "lo voglio", cioé l'accettazione ufficiale del soglio papale, a L'Aquila. L'incoronazione e la proclamazione si sarebbero dovute tenere, secondo prassi ed usanze consolidate, proprio nel Duomo di Perugia. Ma per tutta una serie di motivi, tra cui il volere dell'eletto che non intendeva spostarsi dalla sua terra, la proclamazione (il 29 agosto del 1294) si svolse a L'Aquila. Subito dopo Celestino fu trasferito a Napoli, sotto la sfera di influenza di Carlo II d'Angiò. Gli osservatori, all'epoca, intuirono subito che Celestino, per la sua stessa "forma mentis", così lontana dalle mene curiali, non sarebbe stato in grado di governare la Chiesa. Jacopone da Todi, francescano senza peli sulla lingua, scrisse una laude che iniziava "Que farai Pier da Morrone? Ei venuto al paragone" e pur riconoscendo all'eremita doti di dignità e di santità, si domandava: "Se si auro, ferro o rame, provàrite en esto esame".

Era facile, insomma, prevedere le pressioni su quest'uomo lontano le mille miglie dai giochi di potere e immerso, o meglio soffocato, in una realtà, dove i cardinali brigavano più per il potere e le ricchezze del proprio casato che provvedere agli interessi delle anime. Quando Celestino V, nella sua santa semplicità e ingenuità, si rese conto di non essere in grado di resistere alle richieste che gli piovevano addosso da ogni parte (quelle dei suoi stessi confratelli di un ramo dei benedettini, quelle dei cardinali, quelle di Carlo II che lo costrinse a nominare diversi cardinali di origine francese), il pontefice decise le clamorose dimissioni. Episodio rarissimo nella storia della Chiesa. Era il 13 dicembre 1294. L'eremita aveva regnato poco più di cento giorni. Tra coloro che lo "consigliarono" a lasciare il soglio, il cardinale Benedetto Caetani, che gli succedette col nome di Bonifacio VIII. Proprio quest'ultimo inviò in una zona protetta l'ex papa (quello che "per viltade fece il gran rifiuto", secondo Dante) e dopo un tentativo di fuga del vecchio eremita, lo internò nel Castello di Fumone, nel frusinate, dove dopo qualche mese, il malandato ex pontefice, che aveva 85 anni, spirò (forse neppure per morte naturale).

Si tornò a Perugia dopo la morte misteriosa, un vero giallo storico, di Benedetto XI (Nicolò Boccassini, trevigiano) che, nel capoluogo umbro spirò, pare per aver mangiato fichi avvelenati con la famigerata "acquetta perugina", il 7 luglio 1304. Un mese prima il pontefice aveva scomunicato Guglielmo di Nogaret, ministro maneggione di Filippo IV e tutti coloro che avevano partecipato al sequestro di papa Bonifacio (episodio noto come "lo schiaffo di Anagni"). Anche per eleggere il nuovo papa il conclave perugino fu lungo: undici mesi. Poi il 12 giugno 1305 la scelta cadde su Bertrand de Got, francese della Guascogna, che scelse il nome di Clemente V. Papa ricordato dagli appassionati di storia per aver trasferito la Santa Sede in Francia (a Carprentras, nel contado Venassino, feudo papale non soggetto all'autorità di Filippo il Bello; fu poi il suo successore a spostare la corte pontificia ad Avignone) e per aver aver firmato la bolla che pose fine all'Ordine dei Templari.

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