Sulla pelle dei rom, di Carlo Stasolla (Alegre). Questo libro-inchiesta svela i retroscena del Piano Nomadi di Roma: una spesa di 60 milioni di euro, quasi 500 azioni di sgombero, violazioni dei diritti umani, proliferazione degli insediamenti. Eppure è stato "benedetto" dalla Chiesa, e si rivela un colossale affare per le un ampio ventaglio di organizzazioni del terzo settore (cooperative di sinistra, associazioni di destra, mondo cattolico, enti pubblici ecc.).
Dietro l’apparenza di “progetto di inclusione sociale”, si nasconde infatti l’“azienda Piano Nomadi”, prima produttrice a Roma di discriminazione, segregazione, violazione dei diritti umani.
L’autore, con dettagliata precisione, elenca le cifre, le persone, le associazioni e gli interessi coinvolti, e racconta gli sgomberi e i soprusi con gli occhi di combattuti.

 

I rom di Alemanno

L’11 marzo 2010, nella Casa del Cinema di Villa Borghese, Amnesty International presenta il suo rapporto sulle politiche per i rom della giunta Alemanno: «Piano Nomadi: la risposta sbagliata». La critica è severa e ferma e la bocciatura del Piano è netta. Al termine della presentazione si alza dal pubblico uno dei portavoce del campo Casilino 900 appena sgomberato. «Non c’è stato alcuno sgombero forzato – dichiara – e tutte le fasi del Piano rom sono state concordate con la popolazione residente nei campi. Tante associazioni di assistenza ai rom con cui per anni siamo stati in contatto – denuncia – ci hanno sfruttato per ottenere denaro pubblico senza produrre, in quarant’anni, alcun risultato, né in termini di scolarizzazione dei rom né in termini di integrazione nel mondo del lavoro. E molte di queste associazioni questa mattina sono presenti alla conferenza di Amnesty». Il suo intervento spiazza gli organizzatori e la platea.

 

Il rom in questione è Najo Adzovic, quarant’anni, montenegrino, ex abitante del campo Casilino 900 e uno dei portavoce dell’insediamento. «È stato l’unico sindaco a venirci a trovare nel campo in tanti anni» aveva detto dopo la visita a sorpresa di Alemanno nel maggio 2008. «Era stato descritto come l’uomo nero ma non è vero». L’autorevolezza di Adzovic nasce all’interno del campo Casilino 900 e dal rapporto diretto che costruisce con lui il sindaco Alemanno in tutte le fasi dello sgombero del campo.

 

Adzovic, strenuo accusatore delle cooperative e delle associazioni che si muovono attorno ai rom, era stato in realtà assunto nel 2008 presso la Casa dei Diritti Sociali, per occuparsi della scolarizzazione dei bambini rom del Casilino 900. Un’esperienza nel tempo rivelatasi fallimentare. Durante le fasi delle trattative per il trasferimento del campo, l’amministrazione aveva escluso dai negoziati le associazioni (tranne quelle cattoliche del Gruppo di coordinamento e garanzia) con l’intenzione di interloquire direttamente con i rom. Adzovic aveva recepito per primo, tra i rom, le proposte dell’amministrazione, le aveva accettate e gradualmente le aveva fatte proprie. Il giorno della chiusura del campo storico, davanti alle autorità aveva dichiarato: «Abbiamo scelto di prendere le distanze da chi delinque, da chi non manda i bambini nelle scuole, da chi non vuole integrarsi».
Alla fine del 2009, con Graziano Halilovic, promuove la nascita del Coordinamento Rom a Roma che raggruppa i rappresentanti dei sette “villaggi attrezzati” della capitale e che dovrebbe costituire l’interlocutore fondamentale per la realizzazione del Piano Nomadi. Le attività del Coordinamento si esauriscono nel giro di pochi mesi per liti interne e carenze organizzative.

 

In seguito, il 27 luglio 2010, il sindaco assegna ad Adzovic il ruolo di “Delegato per il sindaco alla questione rom”, una nuova figura di esperto chiamata a svolgere funzioni di consulenza per l’amministrazione capitolina. Di fronte alla perplessità dei rom presenti il giorno della nomina, il sindaco precisa: «Najo è il mio delegato, non il vostro!». Con un incarico annuale il suo compito sarà quello di elaborare studi, ricerche e progetti per l’inserimento socio-culturale dei rom, con particolare riferimento a alfabetizzazione e scolarizzazione, avviamento al lavoro, integrazione e mediazione. Sede del suo ufficio è Largo Loria n.3, presso la Commissione Sicurezza del Comune di Roma il cui presidente, Fabrizio Santori, è da anni impegnato in una battaglia politica in favore degli sgomberi e delle espulsioni dei cittadini comunitari.

 

Il nuovo incarico è motivo di un acceso dibattito che coinvolge anche la Federazione Romanì, un’organizzazione indipendente che lavora sul territorio nazionale per l’autodeterminazione della popolazione romanì e di cui Adzovic è un alto dirigente. Nell’autunno 2010 il presidente della Federazione, Nazzareno Guarnieri, scrive: «Le dichiarazioni pubbliche ed i comportamenti adottati nelle ultime settimane da Najo Adzovic sono lesive dell’immagine della Federazione Romanì, dei propri aderenti e sono contrastanti con lo statuto e con le deliberazioni degli organi sociali della Federazione Romanì. La richiesta agli organi sociali della Federazione Romanì della espulsione del socio Najo Adzovic dalla Federazione Romanì si rende ormai necessaria e urgente». Nelle settimane che seguono Adzovic di dimetterà dalla Federazione.

 

L’esclation di Najo e tutti i passaggi che lo hanno portato a diventare delegato di Alemanno sono avvenuti «senza alcuna consultazione dei gruppi rom – scrive l’antropologo Ulderico Daniele – ma soltanto in ragione della decisione dell’amministrazione comunale di dialogare esclusivamente con quei leader rom che, come Adzovic, hanno acquisito le parole d’ordine della giunta Alemanno e hanno accettato di lavorare entro la cornice del Piano Nomadi accettandone priorità e metodi. [...] Lo stesso Coordinamento – continua Daniele – non può essere considerato una istanza rappresentativa dei rom a Roma, visto che nessuno dei membri è stato eletto e alcuni dei gruppi più consistenti, come quelli dei rom rumeni, non partecipano a questi incontri. La difficoltà nel produrre una rappresentanza larga dei rom si rende evidente in occasione delle proteste dei rom sgomberati dagli insediamenti non autorizzati, quando nessuno dei leader accreditati è intervenuto al loro sostegno, lasciando questi altri rom da soli».

 

Lo stesso giorno in cui Adzovic viene nominato delegato del sindaco viene annunciata anche la nascita di una cooperativa rom denominata “Cooperativa Rom a Roma”. La cooperativa, il cui presidente sarà Graziano Halilovic, «avrà il compito di offrire un lavoro non solo alla comunità rom capitolina ma anche alle fasce più disagiate della popolazione». Malgrado l’enfasi con cui viene annunciata la nascita, la cooperativa non rappresenta alcuna novità. Si aggiunge, e in alcuni casi si sostituisce, alle altre cooperative rom già presenti e operanti nella capitale che, con il contributo comunale, hanno il compito di offrire un’assistenza sociale ai rom che lo chiedono. Ai presidi socio-sanitari già presenti in alcuni insediamenti si aggiungono quindi le cooperative rom. «Negli ultimi due anni – spiega con soddisfazione Adzovic – sono stati dati 600 mila euro a queste cooperative e questo è un grande successo, perché con la nuova amministrazione sono sempre di più i rom ad essere protagonisti!».

Non si capisce bene a quale protagonismo si riferisca il delegato del sindaco. La Cooperativa Rom a Roma, fiore all’occhiello dell’amministrazione Alemanno, ha sei dipendenti, tutti rom, e la sede in un appartamento comunale sulla via Portuense. «Sono molto pochi i rom che ci vengono a trovare – racconta il suo presidente – anche perché noi fungiamo solo da mediatori che trasmettono le loro richieste al V Dipartimento». C’è frustrazione e delusione nei suoi occhi.
Senza dubbio i responsabili delle cooperative rom presenti nella capitale, e lo stesso delegato del sindaco, rappresentano la figura del “leader rom” a cui si ispirano le nuove generazioni che crescono all’interno dei campi. Leader spregiudicati e ambiziosi, sufficientemente preparati linguisticamente, spesso unici detentori della “verità rom” e che, quando serve, riescono ad avere utili vantaggi dal potere al quale sono prossimi. Negli ultimi anni le autorità romane hanno concorso alla nascita di queste figure che però non hanno alcuna reale rappresentatività dal punto di vista democratico. Interfacciarsi solo con loro accredita però le azioni delle istituzioni, e nello tempo consente un velato “controllo” sulla comunità rom presente nel territorio.

 

Un esempio emblematico è tracciato da un rappresentante del Comune di Roma quando confida che la gestione della pulizia del “villaggio attrezzato” di Castel Romano è stata destinata ai presidenti delle cooperative rom per ripagarli di aver accettato il trasferimento nel proprio campo dei 200-250 serbi dell’ex campo di La Martora nell’estate del 2010. In un documento ufficiale ci sono le prove dei numeri. In dieci mesi il presidente M. avrebbe intascato 102 mila euro, il presidente K: 172 mila euro mentre il presidente D. 114 mila euro. «Sono le mazzette date dal Comune ai rom» spiega un rappresentante della Croce Rossa Italiana. La stessa dinamica si sarebbe riproposta nel campo di Tor de’ Cenci, per convincere i leader rom al trasferimento fortemente voluto dalla vicesindaco Sveva Belviso. Con 144 mila euro, consegnati per la pulizia del campo tra l’ottobre 2010 e il luglio 2011, l’amministrazione comunale avrebbe voluto esercitare “opera di convincimento”, utilizzando i rom vicini all’amministrazione, per favorire il passaggio indolore verso il nuovo “villaggio attrezzato” in località La Barbuta.

Carlo Stasolla, esperto di questioni sociali, ha vissuto per 14 anni nei "campi nomadi" della capitale. È fondatore e presidente dell'Associazione 21 luglio (www.21luglio.org) che si occupa di diritti umani dell'infanzia rom.
Leonardo Piasere, professore di Antropologia all’Università degli studi di Verona, è il massimo conoscitore in Italia della storia e dell’antropologia Rom.

Sulla pelle dei rom, di Carlo Stasolla
Alegre
prefazione di  Leonardo Piasere
12.00 euro
pagine: 128

 

Fonte: controlacrisi.org

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