PERUGIA - E' in tutte le librerie il libro “Road to valor” che racconta Gino Bartali uomo ed eroe, scritto dalla giornalista americana Aili Adamson e realizzato dopo accurate ricerche protrattesi per quasi quattro anni ed effettuate tra Firenze, Siena, Terontola, Assisi. Moltissimi sono stati i contatti con i familiari di Gino Bartali, con i suoi conoscenti e i testimoni, ormai pochissimi, delle azioni umanitarie attribuite al campione nei suoi lunghi...”allenamenti” tra Firenze ed Assisi e ritorno, per trasportare, nelle canne della sua bici, documenti di identità sapientemente e accuratamente contraffatti dalla tipografia Brizi di Assisi.

Ma il libro ricorda anche altri fatti che ebbero luogo a Firenze: gli incontri con il Cardinale Elia Dalla Costa, l'ospitalità offerta ad ebrei nascosti negli scantinati e nelle soffitte di casa Bartali a Ponte a Ema. I ricordi degli anziani di Terontola testimoni delle puntate di Bartali, in tenuta da ciclista, al bar della stazione per distrarre milizia e polizia tedesca in servizio al trafficato scalo ferroviario. E' qui che avveniva, nella confusione creata dalla presenza del campione, la consegna dei documenti falsi ai viaggiatori dei treni in arrivo e in partenza.

Bartali gradiva l'offerta di uno o più caffè al bar, firmava decine di autografi con lo sguardo però sempre rivolto alle pensiline della stazione dove avveniva la consegna da parte di qualche...collaboratore che, nel frattempo, aveva preso in consegna la preziosa bici di Bartali. E così per 40, 50 volte tra il 1943 e il 1944 per salvare, stando ai racconti circa 800 persone. Bartali, ovviamente, non teneva il conto “Perché – ricordava sempre - se devi fare un favore, un'opera di bene, pensaci una, dieci, cento volte...ma quando l'hai fatta scordati di averla fatta e a chi l'hai fatta”.

Una saggezza e una bontà che ha fatto di Bartali, grandissimo campione di ciclismo, immensa figura di umanità, di amore e di bene.

Al di fuori del Cardinale Elia dalla Costa, delle suore del monastero di S.Quirico ad Assisi, della tipografia Brizi, di Placido Nicolini vescovo di Assisi, di padre Rufino Niccacci e di don Aldo Brunacci nessuno era a conoscenza di cosa si nascondesse nell'allenamento “lungo” di Bartali tra Firenze, Terontola, Assisi e ritorno nella città del giglio.

Anche Adriana Bartali, la moglie di Gino, mai avrebbe pensato che dietro al saluto di Gino: “Ciao Adriana, oggi faccio il lungo”, si celassero i rischi corsi per decine di volte sfidando milizia e polizia tedesca ai vari posti di blocco lungo i 380 km. circa del “lungo”. A quei tempi le corse, le tappe di un giro, potevano arrivare anche a questo chilometraggio e Bartali, nonostante la guerra, doveva restare anche in forma fisica per affrontare la ripresa dell'attività sportiva che lo vide trionfatore del “giro d'Italia” del 1946.

“Io ero piccino -dice Andrea Bartali – ma mai, in casa, avevo saputo di questi episodi eroici del mio papà. Anche per questo il valore e il significato di quello che ha fatto è ancora più importante, avendo dimostrato un amore nei confronti del prossimo da avvicinare, con il dovuto rispetto, a quello manifestato da San Francesco alcuni secoli prima”.

gino goti

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