Un libro che si legge tutto d’un fiato. Allegro, triste, brioso, insistente…..ma soprattutto un libro che fa riflettere. Senza mai annoiare, senza sbavature. Con un incessante flusso di pensieri, parole e gesti, la ex piccola Lucy, narrandosi all’analista dott.ssa Emiliano, ci narra il suo mondo che è anche il nostro mondo di quegli anni. Gli anni delle contestazioni, dei morti nelle manifestazioni, dei borghesi fascisti, ma anche dei comunisti, giovani scapigliati con le bandiere rosse, delle prime bombe.
Tutto insieme in un intreccio inestricabile che si confonde con  la vita di tutti i giorni, con le piccole e grandi beghe quotidiane di donne inconsapevolmente coraggiose, ma che poi si perderanno. Due sorelle, la mamma di Lucy e la zia Iris, che lasciano il paesino del sud e sbarcano a Roma. C’è poi un’altra mamma, presunta terrorista, di Cecilia, la bambina che va in giro con il padre. Figura quasi mitica per la piccola protagonista, sta addirittura sui giornali e sui manifesti, che peccato non avere una mamma così, pensa Lucy.
Gli uomini, presenti in carne ed ossa, come lo zio di Lucy, o il signor Ricordi, che va sempre in giro con la figlia Cecilia, e gli assenti, come il padre fuggito in America, risultano, a volte un po’ meschini, boriosi e trafficoni, come lo zio Gianni, a volte tristi e solitari, come il signor Ricordi, ma alla fine in qualche modo anche degni di attenzione.
Non è la verità, quella con la “V” maiuscola, ma è la verità di Lucy, questa bambina di sette anni, lamentosa, ribelle, scocciante e petulante (come la vede la sua mamma), che passa tutta la giornata in questo mondo di adulti, con relazioni complicate, una famiglia patchwork ante litteram, dove la mamma è stata abbandonata dal padre, la zia ha lasciato lo zio, che arriverà con una fidanzata che a sua volta ha abbandonato marito e figlioletta. Di questa strana famiglia fa parte anche Clementina, la cameriera, forse innamorata della zia, presenza discreta, quasi quasi invisibile.
Sottofondo assordante di questo mondo in movimento, dove il pubblico si mescola col privato, senza soluzione di continuità, il rapporto urlato con la madre, causa quasi certa di gran parte  dei malesseri dell’adulta Lucia Testa, insegnante “ribelle” che urla ai genitori dei suoi allievi, come la mamma urlava con lei, costretta ad andare in analisi in cambio del posto in una scuola privata. Donna nevrotica, sì, ma dai sani principi, frutto di una infanzia complicata, dove i sogni erano ad un passo, dove qualcuno sbatteva la testa, dove il nostro mondo cambiò per sempre.
“Volevamo essere giganti”, un racconto mozza fiato da leggere e consigliare.

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