Città della Pieve annovera non pochi personaggi meritevoli di fama ed onori in vari settori della vita culturale di ogni tempo: uomini che hanno sfiorato la santità come il Beato Giacomo Villa, il Maestro dei Maestri del Rinascimento Pietro Vannucci, il poeta Francesco Melosio, il sociologo e filosofo Icilio Vanni, il Gen. Antonio Verri, ingegnere e matematico e appassionato studioso di geologia. Sono solo alcune tra le personalità che hanno arricchito la storia di Città della Pieve.

“Il tricolore nei cieli del mondo dal pioniere pievese Gino Cappannini agli aviatori d’oggi” è il titolo dell’iniziativa che l’Amministrazione comunale ha ideato per ricordare ed onorare il suo eroe dell’aria: l’aviatore Gino Cappannini, ufficiale motorista che nel 1920 partecipò alla celebre trasvolata Roma-Tokyo, conquistando fama mondiale per l’eccezionalità dell’impresa.

All’evento, in programma il 23 giugno alle 17,30, al Teatro comunale “Accademia degli Avvaloranti”, interverranno il Sindaco Riccardo Manganello, l’Assessore ai Beni e alle Attività culturali Maria Luisa Meo, il Gen. di Squadra Aerea Stefano Panato, Presidente del Centro Alti Studi Militari della Difesa, i familiari di Cappannini, Gino e Pietro Cappannini e Serenella Neri, il Maestro Giuseppe D’Angelo che, al pianoforte, renderà omaggio con musiche dell’epoca all’illustre concittadino.

Poco più che ventenne, insieme al pilota veneto Arturo Ferrarin, il pievese Gino Cappannini riuscì a compiere un’impresa incredibile per quell’epoca: il raid aereo Roma-Tokyo. Aggregati all’ultimo momento, con pochissimo tempo a disposizione per mettere a punto il mezzo che lo stesso Ferrarin descriverà come un “residuato bellico”, un SVA della Grande Guerra, i due aviatori diventeranno da staffette di supporto a protagonisti di quell’avventura: Ferrarin e Capannini, insieme all’aereo condotto dal pilota Masiero, con il motorista Maretto, saranno infatti gli unici a raggiungere Tokyo, dopo il fallimento di altri uomini e mezzi che avrebbero dovuto concludere la trasvolata. La Domenica del Corriere esalta l’impresa eroica degli italiani, accolti in trionfo dai Giapponesi, che per un mese e mezzo festeggeranno gli ospiti venuti dal cielo.

Altri voli, altre imprese, da esperto motorista qual era, Gino Cappannini ha intrapreso e coronato con successo. Anche la sua morte, nell’estate del 1940, all’indomani dell’ingresso dell’Italia nel secondo conflitto mondiale, sta dentro uno spicchio della grande Storia: il 28 giugno, in Libia, sull’aeroporto di Tobruk, in fase di atterraggio l’aereo pilotato da Italo Balbo venne abbattuto dalla contraerea italiana che, secondo quanto ufficialmente dichiarato, non aveva riconosciuto come connazionali i due velivoli in arrivo, uno guidato da Balbo e l’altro dal generale Felice Porro, che riuscì ad evitare il “fuoco amico”. Cappannini, capitano motorista, morì insieme a Balbo e agli altri componenti dell’equipaggio: Ottavio Frailich, Giuseppe Berti, Claudio Brunelli, Cino Florio e Lino Balbo, Enrico Caretti e Nello Quilici (padre di Folco Quilici).
È intitolata a Gino Cappannini la via dove sorge l’aeroporto di Fiumicino.
 

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