Riaprire o non riaprire il teatro Verdi? Questo è il dilemma. Lo scontro in atto tra la Fondazione Carit, l'ordine degli ingegneri e il Comune è sintetizzabile nel dilemma shakespeariano.
La proposta della Fondazione e dell'ordine, di restaurare il Verdi come fu progettato da Poletti tutto stucco, oro e decorazioni per 900/1000 posti, valore dell'intervento 25 milioni di Euro, è una proposta interessante per una ricerca storica-filologica da tesi di Laurea, ma poco praticabile.

La proposta risulta essere poco realistica per tre motivi. Il primo è il costo dell'intervento. Ci domandiamo se la Fondazione e l'ordine degli ingegneri sanno che stiamo passando una delle crisi economiche-finanziarie tra le peggiori dell'ultimo secolo. Sicuramente, vista la proposta, no. Tra tagli alla cultura, alle opere pubbliche, ai trasporti, al sociale e patti di stabilità, dove si pensa di reperire 25 milioni di Euro?

Ma se tutte le Istituzioni, Comune, Provincia e Regione, riuscissero a reperire i fondi, con una crisi che attanaglia migliaia di famiglie, si convoglierebbero tutti per il Verdi? Pensiamo che ci sarebbe una sollevazione sociale e politica che bloccherebbe l'operazione Verdi. Se la Fondazione crede nel progetto del recupero polettiano, si impegni a trovare i 20 milioni di Euro mancanti e non solo 20.000, visto che il Comune può contare su 5/6 milioni di Euro.

Secondo motivo è l'aumento della capienza. La capienza proposta equivale all'1% circa della popolazione ternana. C'è tutta questa richiesta di teatro a Terni? considerando che il Secci conta altri 300 posti. Forse la proposta è rivolta a quell'1% di popolazione che detiene circa il 50% della ricchezza a Terni, sperando che tutti loro siano amanti del teatro, perché oggi la famiglia media è portata a risparmiare su tutto, a partire dai generi alimentari.

Ma anche quando la crisi non mordeva era difficile trovare il tutto esaurito, solo in occasione di spettacoli musicali e di rilievo e non certamente per i calendari delle stagioni di prosa ordinari.

Terzo stiamo nel 2012, oggi i teatri, sopratutto se comunali, devono essere progettati per essere altamente funzionali e performativi, in grado di accogliere diversi eventi, inclusi eventi musicali per il grande pubblico, diversi generi teatrali e basati fortemente sulle nuove tecnologie. Spesso stucchi, oro e decorazioni per questi fini sono solo d'intralcio.

Per il PRC la priorità è riaprire il teatro, Terni non può permettersi di avere il teatro Verdi chiuso per anni e un altro spazio culturale inutilizzato, ce ne sono già troppi. La proposta avanzata dal Comune, espressa dall'assessore ai lavori pubblici Silvano Ricci, la riteniamo non solo realistica, ma congrua con le aspettative della città e degli operatori verso i quali deve essere avviato da subito il processo partecipativo, per definire le caratteristiche funzionali e tecniche degli interventi, al fine di evitare errori e/o inadeguatezze in corso d'opera, come già successo per altre opere nel passato.

Quindi invitiamo l'assessore Ricci ad andare avanti con la tabella di marcia definita, anche per non perdere i finanziamenti già stanziati dalla Regione, e di non perdersi dietro al “degno della storia e delle ambizioni di Terni”, frasi dietro alle quali spesso si nascondono anche altri interessi.

Se si devono trovare i fondi per ricostruire un teatro “polettiano” nel 2012, forse è meglio, come inizia già a circolare l'idea in alcuni ambienti, salvare solo la facciata del teatro, l'unico manufatto rimasto originale dopo i bombardamenti, e rifarlo completamente nuovo. Sicuramente costerebbe meno di 25 milioni di Euro.

Il Segretario del PRC Federazione di Terni

Angelo Morbidoni.
 

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