PERUGIA - Sui problemi della caccia in Umbria la terza commissione del consiglio regionale nella seduta di ieri ha ascoltato, in una audizione congiunta, le due Province di Perugia e di Terni, che gestiscono le deleghe, previste dalla legge sulla caccia, per conto della Regione.

L'assessore di Terni, Filippo Beco, ha sottolineato la ''gestione in forma molto efficace delle zone di ripopolamento, con catture e lanci di animali nei periodi piu' idonei: a febbraio per le lepri catturate e solo a giugno per i fagiani, quando le campagne offrono alimentazione certa''. Inoltre, con specifici corsi mirati, sono stati formati 200 cacciatori per l'abbattimento dei cinghiali in eccesso ed altrettanti per i cervidi, una specie in aumento per la quale si fa solo caccia di selezione. Sul tema annoso dei calendari venatori, Beco ha confermato che molti cacciatori del ternano, piu' che alla confinante provincia di Perugia, guardano con maggior interesse i calendari di alto Lazio e Toscana come aree di espansione, con punte del 70 per cento sul viterbese. Sul contenimento dei danni della selvaggina agli agricoltori, Beco ha detto che dal 2009 si fa un'opera di contenimento sistematica in accordo con i cacciatori e che nel 2010 si arrivera' a quattro milioni di euro. Beco ha parlato anche di rischio di mercato nero delle carni di cinghiale.

Su questo stesso tema si e' soffermato anche Lino Volpi, della Provincia di Perugia, ipotizzando l'allestimento di centri mobili per il controllo delle carni. A suo giudizio si dovrebbe arrivare ad un utilizzo commerciale dei capi abbattuti durante i prelievi per ridurre la specie, anche come risorsa finanziaria per ricompensare gli agricoltori danneggiati. Volpi ha parlato di ''risultati disomogenei'' per le azioni di contenimento delle specie faunistiche in espansione, a cominciare dai cinghiali. Altri danni alle culture, anche enormi, sono prodotti dalla specie storno con 7.000 aziende colpite. Per convincere l'Istituto nazionale che autorizza le deroghe a fare selezione, ha riferito Volpi, sono stati attivati 1.500 punti di osservazione su territori nei quali lo storno di fatto da qualche anno nidifica, soprattutto nei tetti delle abitazioni. Stessa cosa per il fringuello che da tre anni viene monitorato nei suoi transiti, negli stessi 1.500 punti di osservazione. Fin qui la deroga non e' stata concessa, ha precisato Volpi, ''perche' l'Ispra non e' in grado di indicarci la modica quantita' di fringuelli che ogni cacciatore dovrebbe poter abbattere. Ma ora si cerchera' di far valere in quella sede i dati raccolti''.

Altro problema emergente e' quello dei corvidi. In questo caso, la selezione autorizzata dalla Provincia di Perugia per 5.550 capi ha raggiunto solo un terzo della quota assegnata perche' non trova la disponibilita' degli stessi agricoltori, in quanto i danni prodotti da questa specie, soprattutto le gazze, piu' che sulle colture agricole sono particolarmente evidenti per la voracita' distruttiva di questi animali nei confronti delle uova e delle nidiate di altri uccelli.
 

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