PERUGIA - La tv alle prese con la crisi dell'intrattenimento, dei format ed, in sostanza, delle idee. A parlarne, questa sera a Perugia, volti che e' facile definire, piu' che noti, storici, della televisione pubblica e privata: Renzo Arbore, Pippo Baudo, Paolo Bonolis, Milly Carlucci (''sono la quota rosa'').

Il teatro Morlacchi ha ospitato questo consulto di specialisti nell'ambito di Immaginario, atipica rassegna che termina oggi dopo aver cercato di prefigurare l'utopia di come dovrebbe essere un Paese che non c'e' e quale futuro e' possibile in questo veloce cambiamento di tecnologie e culture.

''Tv sformat'' e' il titolo irriverente di un ragionamento sulla televisione ''sformata'' in crisi di creativita', soprattutto in quell'arte sottile che dovrebbe essere l'intrattenimento di qualita', un tempo piatto forte della tv delle famiglie ed oggi in declino, soprattutto se si va oltre gli ascolti e si pensa alla sostanza.

Sul palcoscenico del Morlacchi, stimolate dal giornalista Marco Molendini, sono state snocciolate diagnosi diverse, ma soprattutto ricordi di programmi, di incroci (chi ha scoperto chi, chi era rivale di chi), di curiosita', sempre in bilico tra un po' di serio e altrettanto di faceto.

Sul tema centrale (un eccesso di scopiazzatura) Bonolis e' piu' indulgente, perche' se si deve fare tv 24 ore al giorno, e' inevitabile che non sia tutto nuovo, ma per la Carlucci la tv digitale con i suoi tanti programmi puo' rappresentare una opportunita' per chi vuole sperimentare.

Arbore da parte sua ricorda due esempi, il tg di Mentana ed il recente programma musicale di Bollani, come esempi di tv che parte da piccoli numeri per poi crescere. Ma tutti sono d'accordo sul fatto che in fondo ''ognuno deve farsi il suo format personale''. Accettando anche la possibilita' di ricevere rifiuti.

Bonolis ammette che gli e' capitato piu' volte, e anche Arbore le sue brave bocciature le ha avute. La Carlucci ricorda che ormai non si chiedono testi di nuovi programmi ma dvd che spesso documentano format che hanno dimostrato di funzionare in altri paesi.

Tra i ricordi spunta anche qualche incrocio con Silvio Berlusconi manager televisivo. Arbore: mi ha corteggiato tanto per passare a Mediaset, e Bonolis: ma tu come Rosy Bindi gli hai detto di no. Si va avanti cosi', a ruota libera e senza un filo preciso, per un paio d'ore a raccontarsi e a raccontare al pubblico episodi grandi e piccoli di tv dietro le quinte, impressioni, colleghi.

Quando Baudo cita Mike Bongiorno l'applauso e' spontaneo e fragoroso. Su quel palco Mike ci sarebbe stato benissimo.


In 10 anni Rai e Mediaset hanno perso il 20% degli ascolti - Nel giro di una decina d'anni, dal 2000 in poi, la Rai e Mediaset messe insieme hanno perso il 20 per cento degli ascolti. Un dato che emerge dallo studio sui dati Auditel effettuato dal corso di Laurea in linguaggi dei media dell'Universita' Cattolica e presentato nel corso del festival IMMaginario, nella tre giorni dedicata all'intrattenimento televisivo in svolgimento a Perugia. Solo quest'anno la perdita e' del 4 per cento.
Fine del duopolio? Prematuro dirlo, pero' i dati indicano, quantomeno, uno stato di crisi, e neanche leggera. Per gli autori dello studio, il successo di Fiorello e' solo una panacea, visto che alla fine dei conti con le sue quattro (forse cinque, ndr) puntate incidera' solo per un breve periodo, finendo con il modificare di poco le cose in generale.
I risultati messi insieme dagli studenti del professor Giorgio Simonelli, Giorgio Scorsone e Alessio Fiorito, fotografano la situazione in questo modo: se nel 2000 il complesso di Rai1, Rai2, Rai3, Canale 5, Italia 1, Retequattro in prime time arrivavano al 91,6 per cento, nel giorno medio al 90,6, dieci anni dopo erano al 76 in prime time e al 73,6 nel giorno medio. E quest'anno c'e' appunto l'ulteriore calo del 4 per cento.
Lo studio non ha risparmiato anche il campione Auditel ed e' emerso che nel campione stesso e' sovrastimato il pubblico meno istruito. Infatti nel campione Auditel la popolazione con sola licenza elementare che viene considerata e' pari a circa il 30 per cento, quando invece nella realta' fotografata dall'Istat si attesta attorno al 20 per cento. E se l'Istat valuta all'8 per cento la popolazione laureata, nel campione e' invece al di sotto, cioe' soltanto al 5,5.
Gli studenti hanno anche effettuato un'analisi sul canone di abbonamento. E viene fuori che l'evasione e' sempre piu' in aumento: cinque anni fa era al 25 per cento; nel 2010-2011 e' al 43 per cento. Si pensi - tanto per avere un termine di paragone - che la media europea dell'evasione e' all'8 per cento. Il fenomeno e' dilagante nel sud del Paese: in Campania, Calabria e Sicilia arriva all'87 per cento.
 

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