Cinematografo Comunale Sant’Angelo/ “H20 Turkish Connection” e “L’altra verità"
»giovedì 28 aprile 2011
H20 Turkish Connection
Evento organizzato dal Comitato Umbro Acqua Pubblica
Il Movimento globale contro le privatizzazioni: dal Foro Mondiale di Istanbul 2009 al referendum in Italia del 2011, e verso il Foro Alternativo di Marsiglia 2012
Regia:Jaroslava Colajacomo
Genere. Documentario
Spett. unico ore 21.00
Ingresso libero
H20 TURKISH CONNECTION – il film
In Europa dove vigeva una tradizione di aziende municipali e di gestione pubblica centenaria accanto alla Francia, patria delle grandi multinazionali dell’Acqua come SUEZ o VEOLIA, paese in cui le privatizzazioni sono iniziate prestissimo, anche paesi come l’Italia e la Spagna hanno seguito ciascuna a suo modo e con velocità sorprendente l’ondata privatizzatrice. In questi paesi le società private si vanno sostituendo all autorità del sindaco nella gestione degli acquedotti di moltissime città dando vita a processi di accrorpamento tra societa’ pubbliche e private che mirano all’espansione con accordi di cartello (come quello tra la francese Suez e l’Acea romana per la spartizione del territorio toscano) e alla creazione di grandi multiutilities.
»Dal 29/4 al 5/5
L’ Altra Verità
Eccetto lun. 02 maggio
Regia: Ken Loach
Genere: Drammatico
Spett. ore 18.30 - 21.15
int.€5.00 - rid.€4.00
Titolo originale: Route Irish
Nazione: Gran Bretagna, Francia, Belgio, Italia, Spagna
Anno: 2010
Durata: 109'
Cast: Mark Womack, Andrea Lowe, John Bishop, Geoff Bell, Jack Fortune, Talib Rasool, Craig Lundberg, Trevor Williams, Russell Anderson, Jamie Michie, Bradley Thompson, Daniel Foy, Najwa Nimri, Maggie Southers, R David, Anthony Schumacher, Gary Cargill, Donna Elson, Stephen Lord, Jaimes Locke
Produzione: Sixteen Films, Whi Not Productions, Les Films du Fleuve, Urania Pictures, Tornasol Films, Alta Produccion
Distribuzione: BIM Film
L’Altra Verità
È definita la strada più pericolosa del mondo. È la Route Irish, quella che collega l’aeroporto di Baghdad alla Green Zone. Su questa strada, nel settembre del 2007, trova la morte Frankie, un contractor di Liverpool, ex paracadutista. Noi iniziamo il viaggio di Route Irish seguendo Fergus che si avvia, con Rachel, la giovane vedova, al funerale. Fergus è il migliore amico di Frankie: un’amicizia nata da bambini, consolidata nell’adolescenza, quando i due decidevano che nulla avrebbe potuto separare le loro esistenze e che avrebbero condiviso ogni cosa. Sognavano sulle rive del Mersey, a Liverpool, viaggi e avventure straordinarie: Frankie si era poi sposato, mentre Fergus, che portava Rachel nel cuore, si era arruolato nel SAS, le forze armate speciali britanniche e, una volta congedato, aveva convinto l’amico a diventare un contractor in Iraq: cioè un mercenario, pagato diecimila sterline al mese per proteggere dei privati, senza alcun limite di azione. Quando un contractor muore, non vi sono echi o notizie sui giornali: il funerale è veloce e privato, il rischio è parte del contratto. Fergus è ora oppresso dal dolore, misto al senso di colpa: un cellulare che gli arriva dall’Iraq gli mostra un video che getta molti dubbi sulla morte dell’amico. Fergus vuole andare a fondo, superando ogni limite. Neppure l’amore (ricambiato) per Rachel riuscirà a fermare la sete di sangue. Ken Loach nel 2009 si prese una pausa, proponendo a Cannes quel gioiello dolceamaro che è Il mio amico Eric: al festival il regista inglese ritorna ‘last minute’, a film appena ultimato, e si ributta nella mischia, affrontando di petto un aspetto a molti ignoto, la presenza in Iraq (ma anche in altre guerre) dei contractor, coloro che per denaro proteggono i privati e alimentano la propria sete di violenza o l’abitudine a essa. Si parlava di circa 160mila soldati privati in Iraq, che fino al 2009 poterono avvalersi dell’immunità della legge irachena, grazie al decreto 17 del 2003, ora revocato. Questo ha significato un accumulo non quantificabile di uccisioni, violenze di ogni tipo, a uomini, donne e bambini, di torture e sciacallaggio: una realtà poco sottolineata, che Loach vuole denunciare con il suo tipico stile asciutto, animato da intenti civili, forte della sceneggiatura del fido Paul Laverty. Il film parte dal piccolo mondo che ruota attorno a due amici per parlare dell’universo che sta loro attorno, e procede lineare, afferrando lo spettatore per le spalle, per scuoterlo e chiedergli di prendere posizione. Per far questo Loach sembra piegarsi un poco verso una logica da spy thriller, con i suoi cliché. Il cellulare come deus ex machina ricorda molto certe trovate da prodotti mainstream, così molti atteggiamenti del protagonista, vendicatore fai da te alla Sylvester Stallone. Ma è vero che il messaggio deve arrivare a più persone possibili: la logica del profitto che sta dietro alla guerra, le speculazioni dei privati… perché dalla guerra non si esce, diventa una forma mentis, una malattia che ammorba ogni cosa. Il limite morale – che Frankie e Fergus credevano di possedere – è carta straccia, il sangue chiama altro sangue.

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