L’epidemia di Covid 19, che da due anni ha investito l’intero pianeta, deve essere, a nostro avviso, considerata una sindemia, non una pandemia.
Se per pandemia si intende il diffondersi di un agente infettivo che colpisce tutti alla stessa maniera, con la medesima gravità e rapidità, la sindemia, invece, implica una relazione tra più malattie e condizioni ambientali o socio-economiche. L'interagire tra queste patologie e situazioni rafforza ed aggrava ciascuna di esse e produce pesanti ripercussioni, soprattutto sulle categorie di popolazione più deboli e svantaggiate.
L’Umbria ed in particolare la conca ternana, presentano tutte queste criticità.
Dal punto di vista sociale si può notare come la nostra sia una regione che si sta rapidamente svuotando ed invecchiando. 
Siamo passati da 908.402 abitanti del 2011 a 865.452 del 2020; l’indice di vecchiaia (rapporto tra i residenti con più di 65 anni e quelli con meno di 14) è passato da 185,5 del 2002 a 217,1 del 2021, superando abbondantemente il valore nazionale attuale di 182,6.
L’ISTAT ha evidenziato come l’Umbria sia ad una svolta decisiva a livello demografico; sarà condannata in modo irreversibile allo spopolamento se non invertirà rapidamente la rotta. 
Ma, per ottenere questo risultato, dovrebbe offrire prospettive lavorative ai giovani che invece, specialmente se laureati, sono costretti ad allontanarsi per trovare altrove opportunità occupazionali.  
Non è difficile comprendere che questo trend rischia di compromette il ringiovanimento della popolazione ed anche il futuro dello sviluppo regionale. 
Occorre, quindi, una seria rilettura degli errori commessi ed una profonda revisione delle politiche economico-ambientali.
Dall’analisi del tasso di disoccupazione emerge che questo è drammaticamente aumentato, specialmente  in seguito alla pandemia, ed il numero degli occupati è inferiore a quello dei non attivi in quasi tutti i distretti economici umbri. Migliaia di posti di lavoro si sono persi per la crisi delle grandi industrie siderurgiche e chimiche e, per frenare questo preoccupante fenomeno, non sono state messe in campo strategie alternative.  
D'altronde, questa giunta regionale a trazione leghista, anche nel Documento economico programmatico afferma esplicitamente che le imprese  (ed il mercato) vanno lasciate libere di operare senza condizionamento alcuno.
Neoliberismo allo stato puro, con tutte le conseguenze del caso.
Le difficoltà sociali ed individuali legate al Covid hanno fatto crescere in modo esponenziale il numero di coloro che si rivolgono alla Caritas.
Sono finiti in stato di povertà, o stanno scivolando pericolosamente oltre la soglia di indigenza, non solo i disoccupati, ma anche una elevata percentuale di lavoratori. Il reddito di quest'ultimi non è più sufficiente per arrivare a fine mese e non consente loro di affrontare il rincaro dei prezzi, in generale, e delle bollette di luce e gas, in particolare.
Insomma, la sindemia ha aggravato una situazione già precaria/compromessa: nella graduatoria delle regioni europee, relativa al PIL procapite, l’Umbria è precipitata al 127° posto, nel 2019, perdendo ben 70 posizioni rispetto al 2000 ed ha fatto registrare la peggior performance tra le regioni italiane.
Per quanto riguarda la Sanità, il Covid 19 ha messo ancor più in evidenza tutti i limiti di un sistema sanitario nazionale e regionale, già in crisi da anni a causa della carenza di personale e di strutture, dovuta a decenni di tagli finanziari, all’affermarsi dell’idea che la Sanità dovesse rispondere innanzitutto a logiche aziendali, ad una visione ospedalocentrica ed al conseguente abbandono delle politiche di prevenzione.
Emerge dunque la priorità di presidiare il territorio, controllandone i microfenomeni casa per casa, individuo per individuo, famiglia per famiglia. 
Questo compito può essere affidato esclusivamente all'unico comparto sanitario e medico pensato per queste finalità: la Medicina Generale. Tuttavia, la negligenza di questi anni ha privato la categoria degli strumenti necessari. 
La Giunta Regionale si è mostrata completamente inerme di fronte all’avanzare del virus, scegliendo di non adeguare, alla gravità della situazione, nè le risorse del personale medico ed infermieristico, né i posti letto in intensiva. 
Anzi, la risposta è stata il dimezzamento del personale addetto al tracciamento.
La dichiarata volontà della Presidente Tesei di incrementare il tasso di privatizzazione in ambito sanitario, ha portato a sospendere molti interventi e le normali attività di screening presso gli ospedali ed a indirizzare i cittadini verso le strutture private, condannando i meno abbienti a correre gravi rischi per la propria salute.
Rispetto alla situazione regionale, la conca ternana presenta una ulteriore criticità ambientale.
Da anni, a causa della presenza di grandi industrie, di un polo dell’incenerimento, del traffico, di obsoleti sistemi di riscaldamento e della particolare conformazione orografica, le cabine di rilevamento segnalano il superamento, costante ed abbondante, dei valori limite delle sostanze inquinanti. 
Lo studio Sentieri aveva già segnalato la quantità anomala di tumori e di malattie respiratorie nel nostro territorio ed aveva consigliato una approfondita indagine epidemiologica.
Successivamente una ricerca dell’ASL dell’Umbria ha messo in stretta correlazione inquinamento e mortalità, quantificando il costo in vite umane legato all’aumento dell’insalubrità dell’aria. Questa ricerca rivela, inoltre, che a pagare il prezzo più alto sono le persone con più difficoltà economiche e sociali. 
Nonostante ciò, si è sempre trattato e si continua a trattare il fenomeno con misure emergenziali (come la limitazione del traffico ed il divieto di circolazione per i veicoli più inquinanti), invece di quelle strutturali, in grado di contrastare l’alto tasso di inquinamento e rendere vivibile e salubre il nostro territorio.
Di fronte a questa situazione la Giunta Regionale ha individuato, come chiusura del ciclo dei rifiuti, un anacronistico ritorno all’incenerimento, spacciandolo addirittura come parte integrante dell’economia circolare ed ha previsto per Terni un impianto di produzione del CSS, che senza dubbio aggraverebbe una situazione ambientale già compromessa.
Da quanto detto risulta chiaro che l’epidemia di Covid 19 va affrontata con un approccio sindemico, che leghi l’aspetto sanitario con quello sociale, economico ed ambientale.
Rifondazione Comunista ritiene che l’attuale alleanza di centro-destra, che governa la Regione ed il nostro Comune, non sia all’altezza del compito per l’incompetenza dimostrata nell’affrontare la sindemia, per le scellerate scelte tendenti ad aumentare il tasso di privatizzazione nella sanità, per l’incapacità di progettare una transizione ecologica dell’industria, per la volontà di difendere gli interessi dei potenti a scapito dei più deboli.
L’origine di questa condizione sindemica ha quindi cause evidenti: il capitalismo rapace, un modello produttivo basato sull’estrazione di valore dal lavoro e dall’ambiente, una illimitata libertà concessa ai produttori di rischio, la negligenza verso le generazioni future.
Rifondazione Comunista invita pertanto tutte le forze di sinistra, le associazioni ed i privati cittadini a collaborare al cambiamento, a costruire un domani migliore e ad impegnarsi in progetti concreti ed efficaci che possano  rendere la città  e la regione in cui viviamo accoglienti, inclusive, in grado di affrontare e risolvere le problematiche sanitarie, sociali, industriali ed ambientali, senza produrre odiose disuguaglianze.
Partito della Rifondazione Comunista - SE
Federazione di Terni
 

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