Discutendo sul libro di Peppe Mattioli
di Leonardo Caponi
Stanotte ho letto d'un fiato l'essenziale, mi pare, del bel libro scritto e curato da Giuseppe Mattioli, ex quadro aziendale ed ex sindacalista e dirigente politico del Pci della Perugina che, partendo dalla storia della fabbrica e da una delle figure più prestigiose di leader politico sindacale del passato, Italo Vinti, si approccia alla discussione sulla sinistra oggi e il suo futuro. Il libro, dal titolo "Umbria: tra memoria, realtà e futuro" edizioni Futura, trovabile nelle librerie, ospita oltre a quelli del curatore scritti importanti di varie personalità e giovani quadri della politica e del sindacato. Essendomi occupato nel libro di storia della Perugina, mi viene adesso di interloquire di getto (lasciando spazio a altre interlocuzioni future) con gli articoli di questi ultimi, tra i quali figurano i nomi di Fabrizio Bracco e Sarah Bistocchi, attuale capogruppo del Pd in Comune. Quasi tutti gli interventi mi paiono muoversi dell'ambito di una sinistra in fuga dal suo passato. Questo peccato originale genetico provoca, a mio giudizio, o un profluvio di parole e suggestioni belle ma astratte, disegnanti una prospettiva fumosa, oppure la riproposizione di modelli politici amministrativi di centro sinistra, sconfitti di recente dalla politica e dalla storia. I due, diciamo così, modelli di pensiero trovano la loro confluenza in una visione di una sinistra ogni volta costretta a una palingenesi globale per, per dirla con Bracco, "allinearsi alla contemporaneità". Ora io penso che sia fasulla l'idea praticata da tre decenni di una "modernità" sempre giusta e di una sinistra sempre sbagliata e da rifarsi. Penso al contrario che il disastro della sinistra italiana sia stato provocato dall'abbandono dei suoi propri valori e ideali e dall'idea che (scusate la rozzezza delle mie parole, ma bisogna parlar chiaro) dall'idea, dicevo, che per rimediare ad ogni sconfitta, si dovesse diventare sempre più liberali. Così come giudico improponibile e foriero di altre batoste riproporre, dopo una giusta critica serrata al centro destra in Umbria, un'ipotesi di riproposizione del centro sinistra a guida Pd (ammesso che riemerga) "sotto" il quale, ben prima della destra, è cominciato il declino di Perugia e dell'Umbria. Vogliamo, una volta tanto, cominciare a parlare non più di fuga, ma (la cosa mi pare che volesse dire D'Alema) di ritorno al passato?

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