barbaracicioni.jpg
Aveva bisogno di sapere, di capire Simonetta Pangallo, presente a tutte le udienze del processo per l’omicidio di sua figlia, Barbara Cicioni. Il suo avvocato Valeriano Tascini, che rappresenta anche i due figli di Barbara, Filippo e Nicolò, ha preso la parola nell’udienza di martedì scorso per presentare le sue conclusioni di un processo lungo e straziante. “Come è stato possibile che proprio quel rapporto familiare, in cui Barbara aveva investito tutta la sua vita, è stato causa della sua morte?” Così è da interpretare la costante presenza di Simonetta nelle lunghe sedute del processo, come un’istanza di verità e di giustizia. La domanda più dolorosa lei se l’è già posta. Come ha potuto non riconoscere la spirale della violenza? Sapeva del vilipendio, ma della violenza no. Diverse volte l’aveva consigliata di fare le valigie ed andarsene, notando quella tensione nei rapporti. Tutta la sua vita per la famiglia Quel mondo perfetto, dove le famiglie rappresentano affetto, calore e sicurezza, quello scelto da sua figlia, forse per sublimare una condizione di isolamento vissuta durante la separazione di genitori, si è mostrato ora in tutta la sua realtà. Nessun motivo di astio, ha ribadito Tascini, ma le cose vanno dette. L’anaffettività dei rapporti, la mancanza di intimità ed interesse per l’altro è il tratto che con più prepotenza è affiorato negli esami dei testi convocati dalla difesa. In quella grande famiglia Barbara era sola. Lo hanno dimostrato persone in cui lei credeva e che non hanno esitato a colpevolizzarla a beneficio del loro congiunto. Altri, invece, hanno raccontato una coppia normale. A connotare un rapporto affettuoso, ha spiegato Tascini, non basta la mancanza di violenza in pubblico. Eppure molti si sono seduti al banco dei testimoni per raccontare un mondo dorato. Un mondo sgretolatosi nelle stesse parole che lo volevano dipingere come tale, per una sorta di ingenua inconsapevolezza. La legge del clan Non stigmatizza Claudia Argentieri l’avvocato Tascini, colei che secondo Massa, marito di Annamaria Accordi, “fa la spia a Roberto sul mancato distillo”. Lei non lo fa per malevolenza, ma per corrispondere al ruolo assegnatole. O sei “fedele” alla famiglia, o sei “una puttana”. Termine che non indica tanto un tradimento fisico quanto “morale”, alla struttura gerarchica della famiglia. Quando Barbara l’aiuta a fare la “scopertina” a suo marito Stefano, è Barbara ad essere accusata. L’accusa è quella di coraggio, di sete di giustizia, di sobillare al tradimento delle regole. Nella legge del clan patriarcale, infatti, la scappatella per gli uomini è cosa fisiologica, la parità dei diritti no. La concezione del rapporto tra uomini e donne, in questo tipo di società, si materializza nelle dichiarazioni dell’Alessi, l’amico di Spaccino, il compagno di conquiste. “Le donne vogliono sempre essere pagate”. Lo si intuisce dalla telefonata fatta al suo avvocato da Claudia Argenteri in quella camera da letto, dove si è rinchiusa per proteggersi dal marito. E’ emblematica la dichiarazione della teste Valeria Pasquini, moglie di Paolo, che alle domande della difesa su quanti buchi abbia all’orecchio, risponde sette. In ciò l’ingenua pretesa di smentire l’esistenza della struttura gerarchica patriarcale. Barbara aveva fiducia Esiste una suddivisione dei ruoli netta. Nemmeno Barbara l’ha mai messa in discussione. Alle regole antiche che le imponevano gli obblighi di un’antica massaia, in aggiunta a quelli scaturiti dall’attività di imprenditrice con la quale mantiene la sua famiglia, risponde con maggiore forza, maggiore abilità, maggiore amore. Barbara non vuole ottemperare, vuole dimostrare che una donna può realizzarsi e non rinunciare alla famiglia. La fede nelle proprie capacità è cieca, come il bisogno di amore e di sogni. La presenza dei bambini era motivo di deterrenza Non la volontà di Roberto di fare il distillo, il motivo della lite scaturita quel 24 maggio 2007 per Valeriano Tascini. Il motivo deve essere stato altro. “Se i figli fossero stati in piedi tutto ciò non sarebbe successo”, ma i bambini dormivano nella loro stanza. In altre occasioni la loro presenza ha fatto da deterrente. Quella notte però Nicolò ha visto la portafinestra del soggiorno chiusa. Lo ha raccontato spontaneamente a diverse persone. Se ad un uomo gli ammazzano la moglie Eppure Roberto, recatosi in lavanderia, non ha mai fatto domande al figlio al suo rientro. E’ rimasto solo in casa dalle 00,30 alle 00,50 circa con il corpo di sua moglie straziato a terra senza chiamare l’ambulanza, senza cercare di capire. “Un uomo preoccupato per lo stato di sua moglie, incinta all’ottavo mese, non aspetta 20 minuti”. Cerca almeno di salvare la bambina, che poteva nascere da un momento all'altro. I bambini sono in grado di ricordare, ha ribadito Tascini riferendosi alle dichiarazioni della dottoressa Niccheri. La loro testimonianza ha valore ai fini del processo. Ma del grande interrogativo, della voragine che in quella notte si è aperta nella loro psiche, ha parlato il professor Cancrini. “E’ come se Nicolò fosse sempre in attesa di una spiegazione.” La vostra sentenza, è un elemento fondamentale per risolvere il dubbio di questo bambino, ha concluso l’avvocato rivolgendosi alla Corte d'assise, presieduta da Giancarlo Massei. Condividi