La storia di Gualtiero che correndo si sente libero anche in carcere.
di Elena Fiorani, UISP.
Gualtiero ha 62 anni, la maggior parte dei quali vissuti in carcere a Milano: oggi è in regime di semilibertà a Bollate e tra le varie attività che svolge, fuori e dentro le mura dell’istituto penitenziario, lo sport ha una parte preponderante. La sua storia l’ha raccontata Christian Marchetti sul Corriere dello sport di giovedì 21 febbraio: Gualtiero l’ora d’aria la sfrutta “per correre, provare una sensazione di libertà. Sentirmi fuori, esterno a qualcosa programmato al secondo. Poi tornavo con i piedi per terra, me pensando, e tanto, che con lo sport riesci a darti uno scopo, che per volere bene devi cominciare a volerti bene. A quel punto, quando cominci anche a sentire gli altri, comprendi davvero che certe azioni fanno male”.
Oltre a diplomarsi e laurearsi in carcere Gualtiero ha anche creato una cooperativa, Zerografica, che fornisce formazione professionale ai detenuti e che quest’anno stampa le locandine di Vivicittà. Sono 29 anni che l’Uisp organizza sport nelle carceri milanesi, ogni anno sono centinaia i detenuti che si allenano e si mettono alla prova con Vivicittà, la corsa più grande del mondo che l’Uisp porta in decine di carceri in tutta Italia. “Come sempre avremo massima disponibilità da parte dell’istituto – dice Renata Ferraroni, responsabile attività in carcere dell’Uisp Lombardia – tanto che con esso componiamo un’equipe affiatata, collaborando attivamente”.
Le attività proposte dall’Uisp vanno oltre la gara: durante tutto l’anno si organizzano corsi ed occasioni di pratica motoria per i detenuti, anche se l’evento nazionale acquista un significato diverso, un valore aggiunto dato dal sentirsi parte di un’iniziativa più grande che coinvolge migliaia di persone in Italia e all’estero. “Una gara del genere, da noi, significa tanta, ma tanta, attesa – aggiunge Gualtiero – Perché quando corri da solo pensi di essere il migliore, ma poi ti accorgi che hai bisogno del confronto. Lo sport ti da l’opportunità di sentirti vivo e stare insieme agli altri. La corsa, soprattutto, ti gratifica e ti consente di ricostruirti. Non sei diverso. È giusto che in carcere le persone paghino gli errori commessi, ma è giusto anche tutelare i loro diritti”.

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